Cronaca

Vibo, nipote del boss non più “pericoloso”: revocata la sorveglianza speciale

Contro il parere di Questura, Carabinieri e pubblico ministero, i giudici del Tribunale hanno rilevato una "rescissione dei legami" con le organizzazioni criminali vibonesi

Vibo-Tribunale

Il nipote del boss Antonio Mancuso, Orazio Cicerone, 47 anni di Vibo Valentia, è stato considerato non più “pericoloso” dal Tribunale di Vibo Valentia. Il collegio di giudici è stato infatti chiamato a decidere sulla revoca della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza. Tale misura era stata prevista, per una durata di cinque anni, nel novembre del 2017, dopo che – dal 7 marzo 2013 al 22 maggio 2017 – il 47enne vibonese è stato detenuto in carcere e agli arresti domiciliari.

Ancora “pericoloso” per Questura e Carabinieri. La Questura e i Carabinieri di Vibo Valentia, nel dare un parere negativo alla revoca della misura, “si sono sostanzialmente limitati – scrivono i giudici – a ripercorrere sinteticamente i trascorsi di Cicerone” – ovvero la partecipazione a un’organizzazione a delinquere “finalizzata all’usura, all’estorsione e ad altri reati” – e a ribadirne la pericolosità sociale visto “il coinvolgimento nell’attività associativa diretta e promossa dai fratelli Antonio Mancuso, 82 anni, (di cui è nipote) e Giovanni Mancuso, 79 anni”. Argomentazioni simili portati in udienza anche dal pubblico ministero, che si è opposto alla revoca della misura di prevenzione.

Rescissione dei legami con le organizzazioni criminali. Tuttavia, questo il ragionamento del collegio giudicante, dalla stessa informativa dei Carabinieri non emergono “in tempi recenti” frequentazioni con persone “sospette”. A ciò si aggiunge che: gli ultimi episodi criminosi risalgono a non oltre il 2012; che dalla scarcerazione, avvenuta nel 2017, non si ravvisano condotte illecite mancando “segnalazioni, denunce ed elementi indiziari” a suo carico; che ha subito una “considerevole scarcerazione” nella quale “ha sempre partecipato alle consuete attività risocializzanti”; e, infine, che si desume una “rescissione dei legami con la consorteria criminale vibonese” in quanto Orazio Cicerone dimora abitualmente, e ha un lavoro stabile, in Lombardia.

La sentenza della Corte Costituzionale. Per queste ragioni i giudici del Tribunale di Vibo, accogliendo le argomentazioni del difensore di Cicerone, l’avvocato Michelangelo Miceli, hanno deciso di revocare la misura di prevenzione con sorveglianza speciale. Tra le motivazioni della decisione spicca anche il riferimento alla sentenza del 2 dicembre 2013 della Corte Costituzionale, che ha ribadito la necessità – senza alcuna possibilità di deroga – di valutare la persistenza della pericolosità sociale al momento dell’applicazione della misura di prevenzione e richiedendo, per l’ipotesi di sospensione dopo un periodo detentivo, una verifica d’ufficio del giudice di tali presupposti. La Consulta, quindi, affrontava il caso in cui – al contrario di quanto avvenuto con Cicerone – la misura venisse decisa prima della carcerazione. Tuttavia, questo l’aspetto rilevante, la decisione della Corte Costituzionale “ha argomentazioni – scrive il Tribunale di Vibo – di indubbia portata generale”, obbligando quindi alla rivalutazione della pericolosità sociale anche in caso di applicazione subito dopo una lunga detenzione. (a.s.)

 

 

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