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Coronavirus, prima causa contro la Cina: accusata di diffusione del virus

Dopo essere stata ricoverata e intubata una giovane casalinga italiana, supportata dal Codacons, ha chiesto i danni alla Cina: a settembre la prima udienza

Charge de Affaires of the Chinese embassy Yao Fei press conference

Parte la prima causa pilota per danni da Coronavirus. Ad avviarla il Codacons, per conto di una giovane casalinga, che prima ha perso la madre a causa del Covid-19 e poi, dopo essere risultata positiva al virus, è stata ricoverata ed intubata per gravi complicazioni polmonari, e tuttora è costretta a sottoporsi a controlli e visite periodiche.

Risarcimento dei danni. Con questa azione legale si chiede, scrive il Codacons, “il risarcimento dei danni subiti dalla donna a causa del contagio sia sul fronte del danno biologico, per il periodo di ricovero ed intubazione, sia su quello del danno non patrimoniale, per lo stress subito a causa del contagio che ha portato la signora a vivere in un costante stato di paura e che ancora oggi la limita negli spostamenti e nelle relazioni interpersonali. Il risarcimento viene richiesto alla Repubblica Popolare Cinese in ragione di due diversi profili di responsabilità che hanno portato alla diffusione de contagio e, di riflesso, al contagio della povera donna”.

Le colpe della Cina. Le principali colpe della Repubblica Cinese sono due: in primis, la “commercializzazione di animali selvatici all’interno del wet market di Wuhan, dove vengono tenuti animali vivi che, al momento della vendita, sono uccisi e macellati sul posto e, molto spesso, tra questi animali vi sono specie selvatiche la cui commercializzazione è vietata. È il caso del pangolino protetto da norme a livello internazionale e che, secondo alcuni studi, potrebbe essere la fonte del contagio tra animale e uomo”. E in secondo luogo i “ritardi ed omissioni nella comunicazione dell’esistenza di casi di polmonite a causa sconosciuta. Vi sono studi e documenti dai quali emerge che i primi casi di contagio risalgono già a novembre, ma la comunicazione ufficiale della Cina all’OMS è del 31 dicembre. In tal modo si è permesso che il virus circolasse al di fuori dei confini cinesi e si estendesse in tutto il mondo”.

Non è possibile invocare l’immunità degli Stati. “La gravità delle condotte poste in essere dalla Cina è elemento fondamentale per l’affermazione della giurisdizione del giudice italiano sulla controversia – scrive il Codacons nell’atto -. La Corte Costituzionale con la sentenza numero 238 del 22 ottobre 2014 ha sancito che i principi inviolabili della persona presenti nel nostro ordinamento costituiscono ‘controlimiti’ ai principi internazionali e, per l’effetto, l’immunità giurisdizionale degli Stati non può trovare applicazione dinnanzi ad atti riconducibili a crimini contro l’umanità ed atti lesivi dei diritti inviolabili e della dignità stessa della persona umana”.

A settembre la prima udienza. “A settembre si terrà la prima udienza nel corso della quale i giudici dovranno accertare se le condotte della Repubblica Popolare Cinese abbiano comportato la diffusione del virus che ha contagiato anche l’attrice cagionandole danni biologici e morali. Condotte che, secondo il Codacons, ledono il diritto alla salute inteso quale diritto involabile dell’individuo e configurano la giurisdizione del giudice italiano dinnanzi al quale viene esercitata l’azione di risarcimento danni”. “Tutti i cittadini che abbiano subito danni a causa del Coronavirus – l’appello dell’associazione per la tutela dei consumatori – come contagi, ricoveri in ospedale o perdita di un familiare, possono aderire gratuitamente alla class action in fase di preparazione da parte del Codacons, alla pagina https://codacons.it/risarcimento-cina/ o chiamando il numero 89349966 attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 14 alle ore 17″.