Economia & società

Coronavirus, dentista catanzarese sempre al lavoro: “Siamo ad alto rischio”

“Ci sentiamo protetti nei nostri studi odontoiatrici perchè conosciamo il rispetto delle regole e, insieme ai pazienti, abbiamo vissuto questa fase con serenità"

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“Il codice Ateco colloca i dentisti tra le categorie ad alto rischio, ma siamo rimasti aperti lo stesso. Nei nostri territori non c’è una medicina territoriale adeguata, quindi abbiamo finito per lavorare sempre, nonostante l’ordinanza che disponeva la chiusura delle strutture private accreditate e non, salvo le urgenze emergenze. In questo modo, non abbiamo creato disagi alle strutture pubbliche già in difficoltà”. Paolino Altilia, vicepresidente regionale Anisap (Federazione Nazionale delle Associazioni Regionali delle Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private) della Calabria, è uno dei “veterani” tra i dentisti della provincia di Catanzaro, con i suoi 38 anni di attività ed uno studio medico convenzionato con il Sistema sanitario nazionale che rappresenta un punto di riferimento nel comprensorio dell’Alto Ionio Catanzarese, dove lavorano anche la moglie e il figlio, tutti dentisti.

L’inefficienza della sanità. C’è una iniezione di fiducia nelle parole di Altilia: “Ci sentiamo protetti nei nostri studi odontoiatrici perchè conosciamo il rispetto delle regole e, insieme ai pazienti, abbiamo vissuto questa fase con serenità e rispetto. Abbiamo criteri standardizzati da anni – ha evidenziato il medico dentista – e non c’era bisogno del Covid per rispettare regole scientifiche, visto che il 70 per cento delle spese dei nostri studi riguardano proprio i materiali monouso e di protezione”. La denuncia di Altilia chiama in causa, però, il sistema sanitario: “Con questo virus abbiamo pagato l’inefficienza della sanità in Italia e in Calabria. Nella nostra regione è stato portato avanti, per anni, un ragionamento ragionieristico e il commissariamento della sanità ha demolito il sistema. Anche la riduzione delle terapie intensive ci ha poi costretto a correre ai ripari. Lo smantellamento della medicina territoriale – ha sottolineato il professionista – ha costretto i
cittadini ad andare in pronto soccorso per qualunque patologia, così come inorridisco davanti alla proposta di creare Covid hospital perche’ rappresenta un vero e proprio tranello. Non possiamo distogliere forze dal sistema sanitario per creare cattedrali nel deserto”.

Riorganizzare le case di riposo. La proposta di Altilia è netta: “Bisogna sviluppare la medicina del territorio sul modello francese; riorganizzare le case di riposo che non devono essere ghetti per anziani che rappresentano la nostra storia, magari realizzando strutture in ogni singolo paese per non estirpare questa storia dai propri territori. L’ospedale dovrà gestire solo le emergenze, il resto deve essere sviluppato sul
territorio”.

 

 

 

 

 

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