‘Ndrangheta a Vibo, due imputati in libertà per scadenza dei termini

Si tratta di Leonardo Melluso di Briatico e di Giancarlo Lo Iacono di Zambrone che nell'ambito del processo Costa Pulita erano stati condannati in primo grado a 10 e a 8 anni di reclusione

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Il Tribunale della Libertà di Catanzaro, in accoglimento dell’appello proposto dall’avvocato Giuseppe Bagnato, ha annullato l’ordinanza cautelare con la quale il gip di Catanzaro, nel disporre la scarcerazione per intervenuta decorrenza dei termini di fase, aveva applicato, nei confronti di Leonardo Melluso di Briatico e Giancarlo Lo Iacono di Zambrone, la misura cautelare congiunta del divieto di dimora nella provincia di Vibo Valentia, obbligo di firma e obbligo di rientro notturno.

Scadenza dei termini. In particolare, il Gip di Catanzaro Pietro Caré, in data 25 gennaio 2020, in prossimità della scadenza dei termini di fase per alcuni imputati del processo “Costa Pulita”, tra i quali il Melluso e Lo Iacono, disponeva la scarcerazione e applicava nel contempo la misura cumulativa. L’avvocato Giuseppe Bagnato, difensore di Melluso e Lo Iacono proponeva appello al Tribunale della Libertà di Catanzaro contestando l’insussistenza di esigenze cautelari, ma eccepiva soprattutto la nullità dell’ordinanza applicata dal giudice per difetto di domanda cautelare. In pratica il giudice aveva disposto la scarcerazione in prossimità della decorrenza dei termini massimi di fase, ma in assenza di una specifica richiesta della procura non avrebbe potuto applicare congiuntamente le tre misure coercitive.

Condannati in primo grado. Il Tribunale della libertà di Catanzaro, accoglieva la questione preliminare di nullità avanzata dal difensore e disponeva, per l’effetto, la perdita di efficacia delle misure applicate ai due imputati, che sono pertanto tornati in libertà. Occorre ricordare che nell’ambito del processo di primo grado Leonardo Melluso è stato condannato a 10 anni di reclusione perché considerato uno dei promotori della cosca operante in Briatico, insieme ad Antonino Accoronti e Francesco Giuseppe Bonavita, mentre Giancarlo Lo Iacono è stato condannato alla pena di 8 anni perché considerato partecipe all’associazione mafiosa presuntivamente capeggiata da Pantaleone Mancuso, con reati anche in materia di armi e intestazione fittizia.

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