Rinascita Scott, blitz dei carabinieri a San Gregorio: catturato il latitante Giofrè (VIDEO)

Era l'ultimo dei capi del clan ancora libero e secondo l'auccusa si occupava di riscuotere le estorsioni agli imprenditori. Si nascondeva in una casa rurale videosorvegliata

Nella notte, i Carabinieri del Ros, del Comando Provinciale di Vibo Valentia e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, coordinati dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, a seguito di un intervento eseguito in un’abitazione rurale nelle campagne di contrada Batia, di San Gregorio d’Ippona, nel Vibonese, hanno arrestato il latitante Gregorio Giofrè, classe 1963, di San Gregorio d'Ippona. I militari dell'Arma lo hanno scovato all'interno di una casa di proprietà di un soggetto ritenuto vicino alla cosca e il perimetro dell'abitazione era munito di un complesso dispositivo di video-sorveglianza.




Ai vertici del locale di San Gregorio. Giofrè, ritenuto esponente di spicco della cosca Fiarè-Razionale-Gasparro, (seconda per potenza criminale solo ai Mancuso in provincia di Vibo Valentia) era ricercato dal 19 dicembre 2019, a seguito dell’ordinanza cautelare emessa dal gip di Catanzaro, nell’ambito dell’operazione Rinascita-Scott, condotta dal Ros e dal Comando provinciale Carabinieri di Vibo Valentia e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che ha coinvolto le maggiori cosche di ‘ndrangheta del Vibonese. Secondo le indagini che hanno portato al provvedimento custodiale nei confronti di 334 soggetti, responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, riciclaggio ed altri gravi reati, Gregorio Giofrè sarebbe un’esponente apicale della locale di San Gregorio d’Ippona, imparentato con Rosario Fiarè, storico capo locale, attualmente in regime di detenzione domiciliare.  Dopo la cattura di Saverio Razionale e Gregorio Gasparro, avvenuta lo scorso 19 dicembre 2019, era rimasto il più importante esponente della struttura mafiosa in libertà. La locale di San Gregorio d’Ippona, sin dagli anni ’80, è stata fedele ai Mancuso di Limbadi ed i suoi più influenti appartenenti sono stati centrali per consentire ai Mancuso stessi la gestione unitaria della ‘ndrangheta vibonese.

Le accuse dei pentiti.  Secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata anche dalle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, Gregorio Giofrè, indagato per associazione mafiosa ed una serie di condotte estorsive, aggravate dal metodo mafioso, aveva il compito organizzare la riscossione delle estorsioni agli imprenditori secondo un sistema centralizzato, valido per tutta la provincia, che consentiva alla cosca di competenza l’ottenimento della "messa a posto", normalmente ammontante al 3% del valore dei lavori, con il conseguente "fiore" non solo per la locale competente nel luogo in cui il lavoro veniva eseguito, ma anche per quella di competenza del luogo di provenienza dell’imprenditore, secondo dinamiche che consentivano l’alimentazione di una bacinella comune. Giofrè costituiva, nel settore, anche il punto di riferimento ultimo per le interlocuzioni con esponenti delle cosche della ‘ndrangheta di diverse province che conoscevano il suo ruolo e gestivano l’azione estorsiva secondo un modello che conferma l’unitarietà dell’organizzazione mafiosa calabrese, non solo dal punto di vista formale ma anche sostanziale.

La cattura e il silenzio di Gregorio Giofrè, il “ministro” della ‘ndrangheta vibonese