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Omicidio Vangeli, le minacce dell’assassino su whatsapp: “Ti farò sciogliere”

Diversi i messaggi minacciosi e provocatori riportati nell'avviso di conclusione delle indagini, per costringere Vangeli a lasciare la sua fidanzata

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Antonio Prostamo vedeva in Francesco Domenico Vangeli un rivale in amore da eliminare. E per la Dda di Catanzaro è questo uno dei moventi del brutale omicidio del giovane di Filandari, giustiziato a colpi di fucile, messo in un sacco di plastica e gettato nel fiume Mesima. Voleva a tutti i costi costringere Vangeli a lasciare la sua fidanzata Alessia Pesce, insultandolo e minacciandolo di morte in una serie interminabile di messaggi whatsapp. Il primo risale al 21 luglio 2018: “Ah Francesco perdonami, ma è inutile negartelo te l’ha detto Alessia che vuole me, giustamente non so perché ha paura di dirtelo, magari ha paura che fai qualche cazzata, perciò meglio che ti abitui, lei è mia e per correttezza mia personale ti dico che esco, me la vengo a prendere e me la tengo, tu dovrai solo accettarlo se vorrai, che ti piaccia o no, se no sarà lo stesso, ho trovato giusto che tu lo sappia, spero che te lo dirà anche lei, perciò tieniti le foto, solo quelle rimarranno, buona continuazione”.




"Non avrai pace". Dieci giorni dopo, esattamente il 2 agosto di quello stesso anno, avvertiva Vangeli via whatsapp, che gli sarebbe stato sempre addosso, chiedendogli ripetutamente un incontro “io sarà alle tue spalle, non avrai un momento di pace, nemmeno dietro ad una porta chiusa, perché io sarò lì ad aspettarti. tu dicu io se la lasci o no . Non rispondi, vidi adduvi voi u indi vidimu io e tia suli però. Scegli tu dove”. I toni dei messaggi si fanno sempre più accesi, provocatori e minacciosi : “ U stabilisci tu si ida veni ca porcu. Ca ti mpaticu. Tu giuru”. Il 17 agosto 2018 quando Alessia Pesce, dopo un breve allontanamento, durato pochi giorni, si era riconciliata con il suo fidanzato, lo sfida, scrivendogli che questa storia non sarebbe finita bene: “ Se non sei mezzo uomo vieni che ci scanniamo, la lasci stare o ci dobbiamo ammazzare… lei è mia…fai l’uomo e scendi, ti dissi ca non voli … è a mia ida…  ci possiamo vedere Francesco, tanto ti prendo, meglio che fai l’uomo e vieni”. Prostamo continua a perseguitare via messaggi il giovane di Filandari, senza lasciargli tregua, dicendogli che stava approfittando della sua condizione di detenuto agli arresti domiciliari altrimenti “è da mo che ti avrei messo la testa sotto i piedi”, come a voler dire che se fosse stato libero lo avrebbe già aggredito da tempo, con un avvertimento preciso: “però lo farò promesso”, “ti farò sciogliere”, “ per un porco come te rompo pure i domiciliari” .  Una violenza continua, aggravata dalle modalità mafiose, “una particolare coartazione psicologica- scrivono i pm Annamaria Frustaci e Antonio De Bernardo nell’avviso di conclusione delle indagini-,  derivante dall’appartenenza dei familiari di Prostamo, in particolare degli zii paterni Nazareno e Giuseppe Prostamo, (quest’ultimo assassinato il 4 giugno 2011 in un agguato mafioso), all’articolazione di ‘ndrangheta di San Giovanni di Mileto sotto l’egida del clan Mancuso di Limbadi.

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