Cronaca

‘Ndrangheta ed estorsioni nel Catanzarese, chiesto il processo per 14 indagati

Si tratta di uno stralcio dell'inchiesta Reventinum, scattata il 10 gennaio 2019, in esecuzione di 12 provvedimenti restrittivi

Operazione-Reventinum

Imprenditori minacciati di morte sotto il cappio continuo delle estorsioni, costretti a cedere l’affidamento  delle commesse di lavori alla ‘ndrangheta o ad effettuare sconti privilegiati su merce, materiali o piante, a volte obbligati a darli gratuitamente. Il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Elio Romano ha chiesto il rinvio a giudizio per 14 indagati, considerati capi e gregari del “Gruppo storico della montagna”, operante a Soveria Mannelli, Decollatura, Platania, Serrastretta e nei territori limitrofi. Si tratta di uno stralcio dell’inchiesta Reventinum, scattata il 10 gennaio 2019, in esecuzione di 12 provvedimenti restrittivi nei confronti dei componenti delle cosche rivali dei Mezzatesta e degli Scalise.

I nomi degli indagati. Si tratta di Pino Scalise, 62 anni, di Soveria Mannelli; Luciano Scalise, 42 anni, di Decollatura; Andrea Scalzo, 39 annidi Decollatura; Angelo Rotella, 37 anni,di Serrastretta; Vincenzo Mario Domanico, 34 anni,  di Soveria Mannelli; Salvatore Domenico Mingoia, 55 anni, di Decollatura; Cleo Bonacci, 58 anni, di Decollatura; Eugenio Tomaino, 56 anni, di Decollatura; Domenico Mezzatesta, 66 anni,  di Soveria Mannelli; Giovanni Mezzatesta, 46 anni, di Soveria Mannelli; Antonio Scalise, 43 anni, di Decollatura; Carmela Grande, 61 anni, di Soveria Mannelli; Bruno Cappellano, 52 anni, di Catanzaro; Antonio Pulitano, 42 anni, di Catanzaro

Le ritorsioni.  “Come ti sei permesso a venire su di un cantiere dove ci sono io”.  Così Andrea Scalzo forte della sua appartenenza al clan Scalise si sarebbe rivolto  a Giuseppe Villella, amministratore di fatto della Edil Movi che aveva ottenuto l’affidamento di una commessa dei lavori di natura edile  da Ugo Bruni, titolare del piazzale della tipografia Satip di Soveria Mannelli. Poi sarebbe andato dallo stesso Bruni e con toni accesi lo avrebbe intimato ad affidargli la prosecuzione dei lavori. Minacce che non sono servite a far desistere Bruni dal lasciare i lavori alla Edil Movi. Sono diversi gli episodi estorsivi consumati o tentati menzionati nell’avviso di conclusione delle indagini.

I super sconti al clan.  Luciano Scalise e Antonio Pulitano, avrebbero costretto il titolare della ditta boschiva “ Impresa  Burgo  Giuseppe” con minaccia di ritorsioni gravi a consegnare un quantitativo imprecisato di legna per un valore di 30, 40 euro. Pino, Luciano e Antonio Scalise, avrebbero dato un ultimatum al titolare della ditta GD Costruzioni Generali sas con sede operativa a Serrastretta, specializzata nella produzione e commercializzazione di calcestruzzi, inerti, conglomerati cementizi e bituminosi: o lo sconto  del 20 %  del valore commerciale sulle forniture effettuate dal 2012 al 2019 o le ritorsioni alla propria vita e ai propri beni. Il referente della ditta sarebbe stato costretto ad applicare questo super sconto, conscio dell’appartenenza degli Scalise alla criminalità organizzata, visto che già in passato era stato vittima della ‘ndrangheta.  Luciano Scalise avrebbe costretto Domenico Graziano titolare  dell’omonima ditta edile di Curinga, mediante pressioni ad Agostino Lucia responsabile dei cantieri della ditta edile a Decollatura, ad acquisire il noleggio a freddo  dei propri mezzi o dei mezzi riconducibili alla famiglia Scalise per i lavori di costruzione del tratto di strada di collegamento  fra le superstrade  dei Due Mari e del Medio Savuto attraverso la comunità montana del Reventino. Luciano Scalise avrebbe anche costretto la ditta Eurobitume sas di Sgromo Sebastiano ed Eugenio con sede a Maida, ad effettuare forniture mai pagate alla ditta Alpin di Francesca Perri riconducibile agli Scalise per un ammontare di 9.279,34 euro.

Le minacce di morte. Pino Scalise, in concorso con il defunto figlio Daniele, avrebbe indotto la ditta Gigliotti Calcestruzzi snc con sede a Gimigliano ad effettuare forniture, mai pagate alle ditte riconducibili agli Scalise per un ammontare di 20.504,40 euro. “Ti ammazzo e ti lascio qui”, con questa frase Pino Scalise e il figlio Daniele si sarebbero rivolti a Giacomo Gigliotti, titolare della Gigliotti Calcestruzzi con sede a Gimigliano costringendolo a non effettuare la fornitura di inerti per lavori di metanizzazione a Soveria Mannelli, perché dovevano farla gli Scalise. Adesso la parola passa al gup del Tribunale di Catanzaro Pietro Carè che ha fissato l’udienza preliminare il 15 giugno, giorno in cui salvo le eventuali richieste di rito abbreviato, il giudice deciderà nel contraddittorio tra accusa e difesa, (rappresentata dai legali Antonio Larussa, Piero Chiodo, Stefano Nimpo, Lucio Canzoniere e Antonio Gigliotti) se accogliere la richiesta della distrettuale di mandare a processo gli indagati.