Cronaca

Omicidio Gentile, la Procura generale: “L’assassino non si è pentito”

Il sostituto procuratore generale della Corte di appello di Catanzaro spiega le ragioni del ricorso in Cassazione per l'autore del delitto di Marco Gentile: "Non è tornato sui suoi passi"

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“L’imputato non ha chiesto scusa alla famiglia della vittima e ciò rivela la sua personalità negativa e la sua capacità a delinquere, (…) non si è ravveduto rispetto all’atto compiuto”. Il sostituto procuratore generale della Corte di appello di Catanzaro Raffaela Sforza spiega i motivi del ricorso in Cassazione contro la sentenza con cui la Corte di assise appello, chiamata a pronunciarsi per la seconda volta dopo l’annullamento con rinvio deciso dai giudici Ermellini, ha sentenziato la riduzione di  pena a 12 anni per Nicholas Sia accusato di aver accoltellato a morte il catanzarese Marco Gentile,  rispetto ai 16 anni precedentemente inflitti dai giudici di secondo grado.

Reazione sproporzionata all’offesa. Per la Procura generale,  l’omicidio appare una reazione sproporzionata, eccessiva e  inadeguata rispetto all’offesa ricevuta: la sottrazione di un apparecchio per videogiochi da parte della vittima e le presunte prevaricazioni ai danni dell’imputato. Secondo la Corte di assise appello, che ha riconosciuto l’attenuante della provocazione, l’imputato sarebbe stato oggetto di scherno da parte dei suoi coetanei e in particolare di Marco Gentile. Sia era stato più volte umiliato dai ragazzi, i quali gli hanno assegnato il soprannome di Scary che sta a significare spaventoso, nomignolo tratto da una pellicola cinematografica del genere horror . Ma per la Procura generale sarebbe stato “necessario verificare con esattezza a chi fossero riconducibili le condotte prevaricatrici ai danni dell’imputato e se le condotte specificamente poste in essere dalla vittima integrassero il requisito dell’adeguatezza psicologica della provocazione”. Una verifica a cui i giudici avrebbero potuto procedere con una rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, approfondendo questo aspetto del tutto inesplorato.

Senza via di salvezza. La vittima, secondo il pg, tra l’altro non aveva dato peso alle intenzioni di Sia, che già da una settimana lo aveva avvisato dell’acquisto del coltello e del fatto che avrebbe voluto utilizzarlo ai danni di Gentile. “E tanto costui aveva sottovalutato le minacce che quando aveva visto avvicinarsi Sia, gli aveva persino chiesto se fosse vero che voleva ucciderlo. Dal canto suo l’imputato che ancora avrebbe potuto ravvedersi e tornare sui suoi passi, realizzava un proposito covato a lungo, inveendo contro Gentile, che in quel momento era disarmato, indifeso, incredulo, colpendolo ripetutamente alla gola., senza lasciargli alcuna possibilità di salvezza”.  A dimostrazione del mancato pentimento dell’imputato, la Procura generale della Corte di appello di Catanzaro ha allegato, al ricorso per Cassazione la conversazione nel carcere di Castrovillari tra Nicholas Sia e i suoi familiari, colloquio risalente al 23 dicembre 2015 , dove il ragazzo si diceva “pronto a tornare a Catanzaro per farne un altro… (omicidio ndr) e la mamma allarmata:” non esci, se dici queste cose non esci. Tu ti devi pentire di quello che hai fatto”. (g. p.)