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Coronavirus, Iss: “Anche Sud a rischio finchè non ci sarà vaccino”

Il direttore dell'Istituto superiore di sanità invita a non abbassare la guardia e a monitorare tutti i casi

coronavirus paziente

Il Coronavirus non è un pericolo scampato al Sud. Quantomeno “fino a quando non avremo il vaccino”. Lo afferma Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità.

I numeri. “Bisogna essere molto cauti nell’approssimare la popolazione italiana già infettata dal virus. Pur stimando i colleghi dell’Imperial College di Londra, ritengo davvero improbabile che in Italia sia stato infettato quasi il 10% della popolazione”. A dirlo all’Adnkronos Salute Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, commentando alcuni dei dati dell’ultima stima prodotta dai ricercatori britannici e relativa a 11 Paesi europei. Per l’Italia il report parla del 9,8% degli abitanti infettati da Covid-19: “Parliamo di poco meno di 6 milioni? Improbabile”, ribadisce.

L’analisi. “Facciamo qualche conto se abbiamo -sostiene Rezza – poco più di 70.000 casi positivi, pur moltiplicandoli per dieci per tenere conto dei casi sfuggiti e degli asintomatici, arriveremmo a 700.000 mila. Una cifra molto diversa da quasi 6 milioni. Inoltre bisogna tener conto del fatto che la maggior parte dei casi in Italia si è verificato al Nord, in Lombardia”, dice Rezza. “La stima dell’Imperial è una media nazionale? Vuol dire che un’elevata parte di popolazione al Nord si sarebbe infettata e che il virus abbia circolato silente nel resto d’Italia? L’Imperial College, prima di dare i numeri dovrebbe confrontarsi con chi lavora sul campo”, aggiunge seccamente Rezza.

Cautela al Sud. “Come fa ad essersi infettato il 10% della popolazione al Centro-Sud? In tal caso – aggiunge scherzando – sarei immune anche io. Queste stime partono dai dati delle morti e fanno degli assunti, ma non tengono conto di studi di prevalenza e sierologici. Insomma – conclude – quello dell’Imperial College di Londra è uno dei gruppi più forti al mondo nell’elaborare modelli, ma la realtà italiana di Covid-19 è molto peculiare e differente nelle varie regioni, e occorre tenerne conto”.