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Le preghiere del popolo di Natuzza ai tempi del Coronavirus

Suppliche sentite, incessanti che nelle notti silenziose di città, paesi e contrade diventano quasi un inno corale. Una scia luminosa che alberga in ogni cuore di credente ed anche in chi fa fatica a credere in Dio

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Lungo il Viale della Salvezza della Villa della Gioia della Serva di Natuzza Evolo continua a svettare a poco meno di due settimane dalla Pasqua l’immagine accogliente del Cristo con la veste bianca e con la scritta: “Vi aspettavo. Nel mio cuore c’è posto per tutti”. Ma i suoi figli non ci sono. I viandanti, i pellegrini e i tanti cercatori di Dio in cerca di ristoro in questi giorni di sofferenza per tutti sono altrove, chiusi giocoforza nelle loro case in attesa che passi la tempesta scatenata dal covid-19.

Ma la distanza che separa, in questo tempo buio, i figli spirituali di Mamma Natuzza dai luoghi dello spirito e dell’anima di Paravati viene, comunque, colmata dalle tante preghiere, in cui si invoca il Dio “onnipotente, padre buono e misericordioso” e la Vergine Maria, “regina del cielo e rifugio dei peccatori, di porre fine a “questa pestilenza immane”, a “questo martirio” che sta provocando ovunque lutti e dolori. Preghiere estese anche a Mamma Natuzza affinchè chieda, con tutta la sua forza, al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime “di liberare il mondo da questa brutta malattia e di aiutare i medici gli infermieri e tutto il personale ospedaliero, coraggiosamente impegnati in prima linea e a rischio della propria vita in questa dura e difficilissima battaglia”.

Preghiere sentite, incessanti che nelle notti silenziose di città, paesi e contrade diventano quasi un inno corale. Una scia luminosa che alberga in ogni cuore di credente ed anche in chi fa fatica a credere in un Dio sempre presente che non abbandona. E qualcuno in questi giorni ha anche ricordato la supplica che proprio Fortunata Evolo rivolse giovanissima nel 1940 alla Madonna. “Me la devi fare – invocò Mamma Natuzza rivolgendosi al Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle anime – questa grazia. Me la devi fare a forza. Sono certa che me la farai, perché Tu sei buona e non me la puoi negare. L’ aspetto questa grazia, l’attendo da quella tua bocca che solamente si apre quando ha da pronunziare una grazia”.

Suppliche e preghiere unite in questo periodo anche al ricordo di quanto accadeva a Paravati durante la quaresima e in particolare durante settimana santa. Giorni di grande sofferenza in cui Natuzza viveva sul proprio corpo la passione del Signore con le stimmate che comparivano sul suo corpo e si trasformavano a contatto con bende e fazzoletti in testi di preghiera in lingue diverse, in ostie, estensori,corone di spine e cuori. Un calvario di cui per anni sono stati testimoni diretti, medici e scienziati e uomini di chiesa, tra cui si suoi padri spirituali don Pasquale Barone e padre Michele Cordiano, che hanno avuto modo di trascorrere il giorno più critico, ovvero il venerdì santo, accanto alla futura Serva di Dio per cercare in qualche modo di alleviare le sue sofferenze, ma anche per tentare di comprendere fino in fondo il mistero di un’esistenza vissuta all’insegna della fede, dell’umiltà e della carità.

Una missione costante durata per oltre tre quarti di secolo. Un periodo al quale sono anche legati le visioni e i colloqui con Gesù e di cui la stessa Natuzza Evolo ha sempre parlato con semplicità e dovizia di particolari, facendo però sempre presente che lei “è solamente un mezzo e un verme di terra”. Ricordi e preghiere che si rincorrono nell’attesa del nuovo giorno che prima o poi dovrà pure arrivare.

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