Il Coronavirus non “contagia” la ‘ndrangheta: i clan pronti a cavalcare la crisi

Dall'emergenza sanitaria a quella economica: le cosche potrebbero trovare terreno fertile per i loro affari e riciclare con più facilità il denaro sporco. Ecco come

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Immagina: cosa farai quando la pandemia sarà finita? Dopo la botta di euforia iniziale, dopo gli abbracci, dopo le prime boccate d’aria fresca. Cosa farai? Ci sarà un mondo, là fuori, da ricostruire. E ognuno di noi tornerà al proprio lavoro per rimboccarsi le maniche e far rinascere la Calabria, che, siamo sicuri, ce la farà. Ma non sarà facile. Con l’economia in ginocchio, negozi che già prima faticavano a rimanere aperti, con aziende che si ritroveranno con molti meno soldi a disposizione per investimenti e dipendenti, non sarà facile. Ecco, in questo contesto: cosa faresti se fossi uno ‘ndranghetista?

La grande liquidità a disposizione. La crisi post Coronavirus sarà terreno fertile per la criminalità organizzata. Il ragionamento è molto semplice: un sistema economico in forte difficoltà apre la strada chi ha ingenti capitali da investire. E l’enorme liquidità monetaria della ‘ndrangheta non è certo un segreto. Ci saranno aziende pronte a chiudere, disposte a vendere la propria attività al primo offerente. Ci sarà chi avrà bisogno di prestiti, e con le banche non ben disposte gli strozzini appariranno l’unica soluzione. Ci saranno finanziamenti pubblici, bandi, appalti, pronti ad essere assaltati da colletti bianchi corrotti e imprese in capo a prestanome. La mafia non resterà certo a guardare.

Aumento di furti e rapine. Nei periodi di crisi, inoltre, la “piccola” criminalità mafiosa aumenta. È sentore comune, supportato da diversi studi scientifici, che la riduzione delle opportunità nel mercato del lavoro favorisce la commissione di attività criminose. Persone in forte difficoltà, con grossi problemi economici alle spalle, possono ben cadere nella trappola della ‘ndrangheta che promette soldi facili. Con conseguente aumento di furti, rapine, truffe, spaccio di droga. E dire “no”, non sarà facile. Non lo era prima, figuriamoci adesso. Il perché lo descrive molto bene il giornalista antimafia Roberto Saviano: “È solo nei tempi di pace e benessere che la scelta è possibile. Se hai fame, cerchi pane, non ti importa da quale forno abbia origine e chi lo stia distribuendo”.

Il report di Unimpresa. A denunciare questo pericolo è stata qualche settimana fa anche Unimpresa (l’Unione nazionale delle imprese), che in un report in via di pubblicazione spiega: “Piccole e medie imprese a prezzi di saldo saranno un potenziale affare per la criminalità organizzata. L’emergenza causata dal Coronavirus corre il rischio di spalancare le porte a camorra, mafia e ‘ndrangheta. Sempre pronti ad approfittare delle crisi economico-finanziarie, i vertici delle organizzazioni criminali, che dispongono di grandi capitali, si preparano a speculare sulle inevitabili crisi a cui andranno incontro decine di migliaia di attività imprenditoriali su tutto il territorio nazionale”. Con il presidente di Unimpresa, Giovanni Ferrara, che ha commentato: “Bisogna assicurare la massima liquidità per evitare che gli imprenditori finiscano in ginocchio, strozzati da debiti di varia natura, e si arrendano svendendo le loro attività alle organizzazioni criminali”.

La soluzione è nella responsabilità di ognuno. Questa situazione non deve però farci cadere nella trappola mentale del “va beh, si sa che le cose vanno così”. E no! “Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così” diceva qualcuno che, di mafia, se ne intendeva non poco. Era il giudice Giovanni Falcone, che aggiungeva: “Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”. Il punto è tutto qua, sta a noi. La politica dovrà fare il suo, è vero, dovrà impegnarsi a tutti i livelli per offrire un sistema valido di aiuti economici. E forze dell’ordine e magistratura dovranno lavorare con ancor più vigore di prima. Ma non deresponsabilizziamoci. Il mondo post pandemia sarà diverso da quello ante pandemia, perché il mondo di prima era parte del problema. Pensate a quanto marcio c’è nel nostro territorio. Se vogliamo imparare la lezione di questi giorni di isolamento forzato, starà a ognuno fare il suo. Rifiutando strade all’apparenza facili ma pericolose, trovando il coraggio di denunciare quando necessario e collaborando con le forze dell’ordine. In altre parole: lavorando onestamente. Tutti, nessuno escluso: giornalisti, imprenditori, impiegati, insegnanti, liberi professionisti. Tutti. Senza mai dimenticare – in casa, in ufficio, per le strade – la potenza rivoluzionaria della solidarietà e dell’aiuto reciproco.