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Tonno Callipo, il brasiliano Abouba: “Sono rimasto in Italia perché mi sento al sicuro”

L'opposto della squadra vibonese: "La società mi ha chiesto se, come altri giocatori stranieri, preferivo partire. Io però ho deciso di rimanere"

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“La Società mi ha chiesto se, così come hanno fatto altri giocatori stranieri, preferivo partire. Io però ho deciso di rimanere a Vibo perché mi sento al sicuro, mentre affrontare un viaggio, ora, significherebbe mettere a repentaglio la mia salute e quella dei miei cari, soprattutto delle mie sorelle che hanno già delle problematiche di tipo respiratorio”. A parlare della sua scelta durante l’emergenza sanitaria in corso è l’opposto brasiliano della Tonno Callipo Aboubacar Drame Neto, che aggiunge: “Io, così come i miei compagni di squadra, sto cercando di trovare tutte le possibili alternative per non perdere la forma e mantenere vivo il rapporto con gli altri parlando al telefono e in chat”.

Cambiata la quotidianità. “Mi sveglio un po’ più tardi – prosegue parlando di come sia cambiata la sua quotidianità – e faccio ogni cosa con molta calma. In mattinata mi collego in video call con il preparatore atletico e con tutti gli altri per un’oretta di esercizi. Poi mi divido tra la cucina, i videogiochi e la tv. Per fortuna qui non sono solo. Con la mia fidanzata la permanenza forzata in casa trascorre piacevolmente”.

I genitori preoccupati. “I miei genitori sono molto preoccupati per le notizie che i media danno dell’Italia. Ci sentiamo ogni giorno e ogni giorno mi raccomandano di rimanere dentro casa, di essere cauto e rispettare tutti gli accorgimenti consigliati per evitare il contagio. Io però li rassicuro spiegando loro che nella città in cui vivo la situazione è sotto controllo e che vicino al mio appartamento ci sono solo persone della mia squadra. Abbiamo anche la fortuna di avere lo spazio per fare una passeggiata solitaria in mezzo al verde e godere di un bellissimo panorama”.

Un pensiero alla famiglia. L’atleta 26enne parla anche della sua famiglia, a partire da suo padre che “ha lavorato tanto ed è sempre stato presente per noi figli, lo ammiro e lo amo profondamente”, arrivando alla loro storia, fatta di emigrazione e tanti sacrifici: “I miei genitori sono nativi del Mali, trapiantati in Brasile da più di trent’anni. Insomma da prima che io nascessi. Mio padre venne trasferito lì per lavoro e portò con sé mia mamma. Sono riusciti ad ambientarsi in una terra che con il tempo è diventata la loro casa. Ma non hanno mai dimenticato che nelle loro vene scorre sangue africano”. “I miei genitori – prosegue – mi hanno trasmesso un grande senso dell’ottimismo ed è per questo motivo che riesco a mettere una buona dose di positività in ogni cosa che faccio”.

Concentrato sulla fine del campionato. Quando era adolescente, appena uscito da scuola, macinava i chilometri per poter raggiungere il palazzetto dove potersi allenare: “È stato così per quattro anni. Ma credo che nulla sia facile nella vita, soprattutto raggiungere le mete più prestigiose. Non ho mai mollato e ancora oggi so che la mia strada è in salita. Anche arrivare in Superlega è stata una grande sfida e l’ho voluta affrontare dando tutto me stesso. Ora penso a concentrarmi sulla fine del campionato”.

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