Cronaca

Omicidio Rosso nel Catanzarese, nuovo Riesame per il mandante

Per la Cassazione è illogico e generico il provvedimento in base al quale il Tdl ha concesso gli arresti domiciliari ad Evanelista Russo

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Non è detto che l’imprenditore Evangelista Russo, 72 anni, imputato per l’omicidio aggravato di Francesco Rosso il 35enne freddato il 14 aprile del 2015 nella macelleria di famiglia a Simeri Mare, resti ai domiciliari. La Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale della libertà, il 12 settembre dell’anno scorso,  ha disposto la revoca della misura cautelare in carcere con la forma meno afflittiva degli arresti domiciliari, ritenendo necessario un nuovo riesame sulla misura cautelare per colui che viene ritenuto il mandante del omicidio.

Pericolosità omessa. Secondo gli ermellini, che hanno accolto il ricorso della Procura, è lacunoso il provvedimento del Tdl, che nel valutare il grave stato di salute dell’imprenditore ha “omesso il livello di pericolosità e il rischio di recidiva in relazione al programmato omicidio anche di Antonio Rosso, padre della vittima, entrambi accomunati dall’essere destinatari di sentimenti di forte rancore e di propositi vendicativi da parte dell’imputato”. Ed è anche illogico perché i giudici del Riesame hanno disposto che i domiciliari debbano svolgersi in una struttura del dipartimento dell’Asp di Catanzaro e in caso di indisponibilità di posti nella propria abitazione, senza imporre da subito “l’esecuzione della misura in una casa di cura o di assistenza, lasciando libero Rosso di accedere o meno a trattamenti sanitari ritenuti indispensabili”. Ma c’è di più. Gli Ermellini nel motivare la sentenza di annullamento con rinvio per un riesame bis, hanno definito generica le decisione del Riesame nella parte in cui dichiara l’incompatibilità del regime carcerario dell’imputato a causa delle sue condizioni di salute, “senza prima verificare la praticabilità di interventi terapeutici all’interno dell’istituto penitenziario”. Una serie di carenze, di incongruenze che rendono necessaria per la Corte di Cassazione una nuova verifica davanti ai giudici del Tribunale del Riesame.

Il processo. E’ in corso il processo per Evangelista Russo, sul banco degli imputati insieme a Vincenzo Sculco, Gregorio Procopio, Antonio Procopio e Francesco Mauro, davanti alla Corte di Assise di Caranzaro, mentre Danilo Monti è già stato condannato con rito abbreviato a 17 anni di reclusione.

Delitto pianificato. Sarebbe stato proprio Russo il mandante del delitto pianificato nel corso di una riunione avvenuta un mese prima dell’esecuzione. Russo avrebbe conferito a Sculco, Gregorio Procopio, Danilo Monti l’incarico di eliminare Antonio Rosso o il figlio Francesco, procurando una pistola calibro 9 da utilizzare per l’omicidio, materialmente consegnata da Mauro, l’istigatore, a Monti. Mauro, poi, avrebbe eseguito, a bordo della sua Golf nera, sopralluoghi nei giorni precedenti il delitto insieme a Monti, Sculco e Gregorio Procopio tanto nell’abitazione in località “La Petrizia” di Sellia Marina di proprietà della famiglia Rosso come nella loro macelleria “Le bontà del Rosso” in località “Chiusa” a Simeri Mare, fornendo loro le indicazioni del luogo più idoneo per portare a termine il piano omicidiario e delle strade da percorrere per darsi alla fuga in sicurezza. Tutti avrebbero seguito gli spostamenti della vittima nei giorni precedenti l’agguato, effettuando un accurato controllo della macelleria e del contiguo bar Mojto, per individuare le camere interne ed esterne dell’impianto di video sorveglianza. Monti, la mattina del 14 aprile, avrebbe eseguito un ultimo sopralluogo insieme ai due Procopio e a Sculco, parcheggiando la macchina all’esterno della macelleria. Una volta entrato nel negozio e chiesto della carne, avrebbe esploso all’indirizzo di Rosso, posizionato al di là del banco frigo, non meno di tre colpi di pistola, almeno due dei quali lo hanno raggiunto nelle “zone cervico-facciale, toracica e branchiale sinistra, cagionandone la morte per insufficienza respiratoria acuta con l’aggravante della premeditazione”.