Cronaca

La giustizia secondo Gratteri, ecco la “rivoluzione” ignorata dalla politica

L'articolato di legge varato dalla commissione presieduta dal procuratore antimafia di Catanzaro. In 266 pagine la riforma rimasta nei cassetti dei palazzi del potere

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Facciamo un gioco? Le tre dichiarazioni sono, in ordine sparso, di Renzi, Salvini e Conte. “Lotta alla mafia: un impegno a cui dedicherò ogni mia energia, con ogni mezzo necessario!”; “Non esiste maggioranza e non esiste opposizione sul contrasto alle mafie, ci deve vedere tutti uniti”; e ancora: “La lotta alla criminalità organizzata diventerà una delle priorità del Governo”. Alzi la mano chi è in grado di individuare chi ha detto cosa. Difficile, vero?

Questo perché la lotta alla mafia è presente – a parole – in ogni agenda di governo. Nei fatti però non è stato fatto nessun passo avanti concreto, salvo poche modifiche che si sono limitate, per lo più, all’aumento delle pene. Eppure la ricetta è già lì, pronta, messa nei cassetti a prendere polvere. Si tratta della riforma presentata dalla Commissione presieduta da Nicola Gratteri e composta da altri 14 membri (magistrati, avvocati e docenti universitari), che ha preso vita il 30 maggio 2014 e ha concluso i lavori nel dicembre dello stesso anno. Si trattava di una Commissione ufficiale, nominata dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, a cui era stato affidato il compito di elaborare le modifiche normative necessarie per una più efficace lotta alla criminalità organizzata.

“La riforma della giustizia deve essere una rivoluzione” ha dichiarato Gratteri lo scorso luglio. “Dobbiamo fare tante di quelle modifiche, nel rispetto della Costituzione, fino a quando diventi ‘non conveniente’ delinquere”.

La “riforma” Gratteri. La Commissione ha dato vita a una relazione di 266 pagine, prevedendo numerosi interventi normativi in settori molto eterogenei. Si va dall’aumento delle pene alla riorganizzazione della gestione dei beni confiscati; dal potenziamento delle intercettazioni e degli agenti sotto copertura, alla modifica della prescrizione; dal maggior utilizzo della videoconferenza nei processi all’informatizzazione delle procedure. Il tutto per “incrementare l’efficacia degli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata” ma con un’attenzione veramente encomiabile a non sacrificare le “necessarie garanzie difensive per gli imputati”. Consapevoli che una riforma del genere meriti uno spazio di discussione molto più ampio, abbiamo provato a riassumere le principali novità normative. Con la speranza che le forze politiche decidano, finalmente, di portarla in discussione in Parlamento. Ecco quali sono.

Prescrizione. È il tema caldo degli ultimi mesi. Quello in grado di far traballare la maggioranza di Governo. La proposta della Commissione Gratteri prevede che la prescrizione cessi di decorrere al momento della sentenza di primo grado. A questo si aggiungono sia un aumento generale dei termini di prescrizione, sia ulteriori modifiche di dettaglio. Per salvaguardare il diritto alla ragionevole durata del processo si è poi proposta una riduzione della pena per l’imputato ritenuto colpevole e condannato, che abbia tuttavia subito un pregiudizio legato alla eccessiva durata del processo. In questi casi, infatti, il processo rappresenta già in sé una sofferenza, che deve essere dunque presa in considerazione nella fase esecutiva della pena.

Voto di scambio politico mafioso. Per questo reato, concretamente molto pericoloso e diffuso, non solo si ha un aumento della pena (“da quattro a dieci anni” diventa “non inferiore a dieci anni”); ma si propone una modifica della fattispecie così da sanzionare non solamente il caso in cui l’accordo riguardi l’impegno (a procurare voti) dell’intero gruppo malavitoso, ma altresì quando l’accordo avvenga anche con uno solo degli appartenenti all’associazione mafiosa. Precisiamo che con una modifica approvata dal Parlamento lo scorso maggio, sono state aumentate le sanzioni (attualmente “da dieci a quindici anni”) ed è stata prevista l’interdizione dai pubblici uffici.

Aumento delle pene. La riforma prevede anche un innalzamento generale delle sanzioni. Soprattutto nel minimo, così da evitare la soluzione – gradita ai governi perché efficace dal punto di vista comunicativo ma poco utile nella pratica – dell’aumento soltanto della pena massima. Nello specifico: per il reato di associazione mafiosa la pena passa “da sette a dodici anni” a “non inferiore a dieci anni”; se l’associazione è armata si passa “da nove a quindici” a “non inferiore a dodici”. Per i boss di mafia – ovvero coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione – la pena passa “da nove a quattordici” a “non inferiore a venti”; se l’associazione è armata “da dodici a ventiquattro” diventa “reclusione da ventuno a ventisei anni”. Nel 2015 sono stati fatti passi avanti, con un aumento generale delle sanzioni. Anche se, in alcuni casi, con leggere differenze e intervenendo soprattutto sul massimo della pena.

Informatizzazione delle procedure.  Viene definita “una sorta di rivoluzione copernicana, fondata sull’informatizzazione”. Si propone l’obbligo di rilascio su supporto informatico di tutte le copie processuali, divenendo così residuale (per le sole ipotesi in cui ciò non sia possibile) la riproduzione in formato cartaceo. Tale modifica porterebbe anche a una maggiore efficienza degli adempimenti amministrativi, soprattutto se si considera la grave carenza di personale amministrativo presso gli uffici giudiziari.

Trasferimento del giudice e riassunzione delle prove.  Ad oggi, causando una forte dilatazione dei tempi processuali (con conseguente spreco di risorse e denaro pubblico), è previsto, nel caso in cui un giudice venga trasferito o sia temporaneamente impedito, che si debba rinnovare l’istruttoria dibattimentale. La riforma prevede, invece, che siano ancora utilizzabili le prove assunte fino a quel momento. Per salvaguardare il principio dell’“immediatezza-identità del giudice” sono comunque previste diverse eccezioni “volte a permettere la riassunzione di fronte ad esigenze difensive e di accertamento”.

Intercettazioni. Si propone di agevolare un utilizzo maggiore delle intercettazioni, definite un mezzo di ricerca della prova “ad alto rendimento” in virtù della sua indiscussa efficacia investigativa. Sono previste quindi delle modifiche volte ad aumentarne l’efficacia, facendo allo stesso tempo attenzione a limitare le possibili lesioni al diritto di privacy di qualsiasi interlocutore. In sintesi le modifiche prevedono: l’introduzione di nuove forme d’intercettazione; l’adeguamento della disciplina alle nuove tecnologie; la razionalizzazione dell’impiego dello strumento; il potenziamento delle garanzie sulla privacy. Precisiamo che la legge “spazzacorrotti”- approvata nel dicembre 2018 – ne ha ampliato l’utilizzo proprio ai reati contro la pubblica amministrazione.

Operazioni sotto copertura. Si è deciso di potenziarle, così da fornire le forze dell’ordine di “mezzi e strumenti idonei alla complessità delle relative indagini”. La Commissione propone di estendere la disciplina delle operazioni sotto copertura ai reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego dei relativi proventi. Nonché ad un tassativo elenco di reati contro la pubblica amministrazione. Allo stesso tempo allargando la sfera dei professionisti che possono essere utilizzati per questo tipo di operazioni. La “spazzacorrotti” è intervenuta anche in questo caso, ampliando tale strumento ai reati contro la pubblica amministrazione.

Partecipazione mediante videoconferenza. Lo scopo dichiarato è quello di contenere i costi (con un risparmio di circa 70 milioni di euro) e rendere più rapidi i processi. Per far questo si mira ad evitare i continui trasferimenti degli imputati detenuti per gravi reati. Ciò avviene con un vero e proprio stravolgimento: da strumento utilizzabile solo in determinati casi, la videoconferenza viene ad essere utilizzata sia per tutti i testimoni detenuti, sia per tutti gli imputati detenuti per reati di criminalità organizzata e per tutta una serie di altri delitti (di cui agli artt. 51 comma 3-bis e 407 comma 2 lett. a) c.p.p.). La garanzia della partecipazione personale viene preservata riservando al giudice la facoltà di disporre la presenza in udienza ove lo ritenga necessario, con la sola esclusione dei soggetti sottoposti al regime di 41 bis.

Tutela dell’ambiente. C’è spazio anche per la tutela dell’ambiente nelle centinaia di pagine della relazione finale. Il presupposto è che si tratta ormai di uno dei “principali settori di operatività della criminalità organizzata”, che non solo porta ingenti ricavi ma, allo stesso tempo, favorisce la collaborazione con organizzazioni criminali internazionali. In virtù di ciò si ha in primis una trasformazione delle fattispecie collegate allo smaltimento illecito di rifiuti, che da meramente contravvenzionali diventano delitti veri e propri (con conseguente aumento delle pene). In secondo luogo si ha un aumento generale delle sanzioni, ad esempio tramite l’inserimento di una circostanza aggravante per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati inerenti alla gestione illecita dei rifiuti. Nel maggio del 2015 il Parlamento è intervenuto a proposito, approvando una serie di modifiche volte ad aumentare le sanzioni per i reati contro l’ambiente.

Impugnazioni. In attesa di un’inevitabile riforma di tutta la disciplina nel suo complesso, che andava oltre i compiti della Commissione, si è proposto di: aumentare i casi di decisione in camera di consiglio; eliminare la facoltà per l’imputato di presentare personalmente ricorso in cassazione; introdurre una tassa per il ricorso in cassazione. Il tutto al fine di ridurre sia i ricorsi pretestuosi sia la durata dei procedimenti.

Istituzione del nuovo “Corpo di giustizia”. Per incrementare l’efficienza del sistema penitenziario nel suo complesso, si punta a una riorganizzazione mediante l’accentramento in un unico ente. Su questo graveranno i seguenti compiti: la gestione integrale dei provvedimenti limitativi della libertà personale, dalla fase immediatamente successiva all’emissione fino alla materiale esecuzione; l’“amministrazione” dei collaboratori di giustizia; la sicurezza dei magistrati. Una gestione unitaria – sostiene la Commissione – comporterebbe una maggiore efficienza, anche grazie al recupero di risorse umane e materiali attualmente distribuite tra le diverse forze dell’ordine.

Gestione dei beni confiscati. “Ad oggi risulta che in Italia sono in attesa di destinazione definitiva beni per un valore pari a 2-3 miliardi di euro”. Una cifra enorme! Può sembrare solo un problema di luoghi “simbolo”, di “moralità”. Ma la gestione dei beni confiscati è molto più rilevante: “Solo di recente si è compresa l’importanza di rimettere in un circuito legale tali proventi di origine. Si tratta di capitali che non solo devono concorrere alla ripresa economica del Paese, ma soprattutto devono favorire la rinascita di un sistema imprenditoriale legale”. Per questo, tramite un intervento su una pluralità di disposizioni, si stravolge l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati, che al momento presenta non poche criticità. Un esempio? “Basti pensare all’azzeramento del valore economico delle aziende e dei beni immobili all’indomani dei provvedimenti di sequestro”. Le modifiche vanno dunque nella direzione di renderne possibile una reale ed effettiva utilizzazione, eliminando tutte le prassi negative. Nelle intenzioni della Commissione, l’Agenzia dovrebbe essere composta da personale specializzato, selezionato con concorsi pubblici, e il direttore dovrebbe essere scelto tra esperti nella gestione di beni/aziende private o di settori pubblici complessi.

Ulteriori modifiche. Vengono poi previste una serie di ulteriori modifiche al codice di procedura penale. Sia agendo, ad esempio, sulla figura dei periti e sulla fase predibattimentale, così da accelerare i tempi processuali; sia con un intervento sui diversi riti speciali, ad esempio incentivando il ricordo al giudizio abbreviato e allargando i casi di applicazione del cosiddetto giudizio immediato.