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Meno tasse per chi ritorna in Italia, il piano del governo per le aziende

Vantaggi fiscali e taglio del cuneo nel decreto crescita bis: l’esecutivo studia l’operazione rimpatrio

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L’ora del rimpatrio. Dall’Italia all’estero – alla Cina, soprattutto – andata e ritorno. È il reshoring: aziende che vanno via soprattutto per abbassare i costi di produzione e che dopo qualche anno rientrano, ammettendo (almeno in parte) l’errore. Ci sono imprenditori italiani che decidono di riportare a casa le fabbriche, ma anche aziende a capitale straniero che rilocalizzano. Emblematico il caso di Candy: il colosso cinese Haier, proprietario dello storico gruppo di elettrodomestici, ha deciso di rimpatriare la produzione di lavatrici da incasso che la famiglia Fumagalli aveva portato in Cina, nel Guangdong. Salvando posti di lavoro e puntando su competenze e abilità che altrove non sono replicabili.

Intanto il governo italiano sta valutando misure per favorire le rilocalizzazioni: gli interventi, a partire da vantaggi fiscali – un’ipotesi è l’abbattimento dell’Ires –, potrebbero entrare nel decreto crescita bis che l’esecutivo sta preparando per la primavera. Con l’obiettivo, puntando sul cuneo fiscale, di accelerare un processo in corso già da qualche anno. Il report di Eurofund ‘Reshoring in Europe: overview 2015-2018’ dice che l’Italia è seconda nella classifica europea del reshoring: sono 39 i casi nel periodo analizzato, più della Francia (36) e cinque in meno della Gran Bretagna (44), che guida una graduatoria in cui la Germania, prima manifattura del continente, è solo sesta (17).

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