Tumori, mortalità minore al Sud ma dati calabresi non proprio attendibili

In generale al Sud, ci si avvantaggia ancora della minore incidenza generale per cancro ma la mortalità, a cinque anni dalla diagnosi, risulta più alta

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Incidenza e mortalità per tumore: al Sud, ci si ammala di meno di tumore rispetto ma la mortalità, a 5 anni dalla diagnosi, soprattutto in Campania, è più elevata rispetto alle altre regioni del centro nord, anche rispetto a quelle più industrializzate e a maggior incidenza di malattia. Al Sud unica eccezione è la Calabria il cui dato di vantaggio, in termini di mortalità per tumore, andrebbe indagato e approfondito per ricondurlo a un’eventuale protezione genetica di popolazione, ambientale o stile di vita (alimentazione, dieta, ecc). E’ questo il dato che emerge dal tavolo di lavoro che si è svolto stamani a Napoli al Pascale promosso da Motore Sanità che ha messo attorno a un tavolo gli istituti oncologici della rete interregionale per le cure anticancro che coinvolge Campania, Puglia, Basilicata e Calabria.

“I dati della minore mortalità per tumori registrata in Calabria anche dai registri tumori – ha detto Maria Triassi, ordinario di epidemiologia e sanità pubblica della Federico II intervenuta con una relazione – sono allo stato inspiegabili e vanno indagati ma non credo riconducibili al fatto che in quella regione ci sia una forte migrazione sanitaria del resto presente anche in Campania. In generale al Sud , di contro – ha concluso il docente – ci si avvantaggia ancora della minore incidenza generale per cancro ma la mortalità, a cinque anni dalla diagnosi, risulta più alta e riconducibile a una diagnosi più tardiva, alla carenza di controlli e verifiche di screening e a una rete di cure che solo negli ultimi anni ha assunto la complessità e il livello organizzativo necessario e di cui si vedranno i frutti solo nei prossimi anni”. “In oncologia bisogna investire non solo sui malati e sulla malattia ma anche sulle persone sane – ha aggiunto Attilio Bianchi direttore generale del Pascale – per fare un esempio dovremmo impegnarci nelle “strategie antincendio” e spendere risorse per prevenire i roghi oltre che spegnerli”.

Una sollecitazione che investe questioni che rimandano alla dieta, ai cancerogeni ambientali e all’inquinamento delle matrici di acqua, aria e suolo, alle abitudini di vita e stili voluttuari (fumo, obesità, alcool, attività fisica) delle popolazioni. Al Sud i determinanti di salute sono da considerare omogeneTi su scala interregionale ma per mettere in evidenze differenze legate all’area geografica di residenza in Basilicata i registri tumori sono stati tarati per approfondire l’analisi georeferenziando, per ciascun tumore, la mappa di incidenza e mortalità in modo da disegnare la distribuzione territoriale delle neoplasie su cui estrapolare correlazioni tra esposizione a cancerogeni o altri fattori e i dati di incidenza e mortalità.

Investire sulle persone sane e non solo sui malati di cancro, potenziare la rete della prevenzione, verificare se la mobilità passiva di pazienti malati verso strutture extra regionali del Centro e nord Italia avvenga verso centri, ospedali e strutture non di eccellenza privi di numeri e volumi di attività necessari ad assicurare le migliori cure e dunque da escludere alla rimborsabilità. E ancora puntare sull’analisi del tipo di mutazioni genetiche da correlare a determinati fattori ambientali e indagare sul livello di danno del Dna e sulla capacità di riparazione di gruppi di popolazione omogenei, mettere infine a fattor comune capacità, esperienze e dati epidemiologici e clinici gli strumenti che rendono vincente la rete tra istituti di ricerca sul cancro al Sud per bilanciare lo svantaggio strutturale e di personale scontato dalle regioni del Mezzogiorno.