Il Tribunale del Riesame di Salerno ha concesso gli arresti domiciliari a Luigi Falzetta, Emilio Santoro e Vincenzo Arcuri, finiti in carcere a seguito dell’inchiesta “Genesi” condotta dalla locale Procura della Repubblica competente sui magistrati del distretto di Catanzaro. E proprio Marco Petrini, il presidente della seconda sezione della Corte d’Appello di Catanzaro, il giudice coinvolto in questa clamorosa indagine, ha scelto, invece, di non presentare ricorso al Riesame Deve rispondere dell’accusa di corruzione aggravata in atti giudiziari e alla stessa stregua di Emilio Santoro sta collaborando con i magistrati salernitani ai quali ha parzialmente ammesso le sue responsabilità. Secondo l’accusa, riceveva dall’ex dirigente dell’Asp di Cosenza, Emilio Santoro uno stipendio mensile e somme di denaro variabili per “aggiustare” le cause civili, penali e anche tributarie.
Le altre posizioni. Non ha presentato ricorso al Tdl neppure Francesco Saraco, avvocato del foro di Locri, finito in manette perché avrebbe agito per far assolvere o comunque attenuare la pena inflitta in primo grado al padre Antonio nell’ambito di un processo contro la cosca di ndrangheta “Gallace-Gallelli” scaturito dall’operazione “Itaca Free Boat”. Nella giornata di ieri, invece, erano stati concessi gli arresti domiciliari a Giuseppe Tursi Prato, accusato di aver corrotto il giudice per riottenere il vitalizio personale in seguito ad una vecchia condanna. Ha lasciato nelle scorse ore il carcere ed è tornato in libertà, infine, Giuseppe Caligiuri, altro indagato dell’inchiesta “Genesi” che era invece accusato di aver tentato di corrompere il giudice Marco Petrini in concorso con altre persone.
Le avvocatesse. Un capitolo a parte dell’ordinanza è dedicata al rapporto tra il giudice Petrini e due avvocatesse: Maria, detta Marzia, Tassone, 33 anni di Davoli, finita ai domiciliari, e Palma Spina, 44 anni di Catanzaro, indagata a piede libero. Secondo gli inquirenti tra il magistrato e le due avvocatesse sarebbero intercorsi diversi rapporti sessuali (anche intercettati e ripresi durante le indagini) che secondo gli inquirenti erano la merce di scambio per ottenere informazioni e favoritismi nei processi.
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