Cronaca

‘Ndrangheta, omicidio risolto dopo 32 anni: il killer incastrato dal Dna (VIDEO)

La Dda fa luce su un agguato commesso in una gelateria nel 1988 nella guerra di mafia a Reggio. Uno dei due autori era stato ucciso dai carabinieri durante la fuga

Luce su un omicidio dato aprile 1988 a Reggio Calabria. A quasi ventotto anni di distanza uno dei due presunti killer che hanno assassinato Giuseppe Cartisano nel bar gelateria Malavenda, nella centralissima piazza De Nava, ha un nome, un cognome e un volto. Per i carabinieri uno degli autori dell’efferato delitto sarebbe Vincenzino Zappia, detto “Enzo, 52 anni, attualmente detenuto per altra causa. Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, hanno portato all’esecuzione di un ordinanza di applicazione della misura cautelare emessa dal gip del tribunale reggino a carico del 52enne accusato di omicidio premeditato e aggravato da motivi abietti.

L’agguato, la fuga e la sparatoria con i carabinieri. L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Reggio Calabria, è stata avviata nel settembre del 2019 e ha consentito di fare completa chiarezza su uno dei fatti di sangue più efferati ed eclatanti della faida reggina a cavallo tra gli anni 80 e 90. I due killer entrarono in azione la sera del 22 aprile 1988 all’interno del bar gelateria Malavenda, nella centralissima piazza De Nava, laddove affrontarono apertamente Cartisano, colpendolo a morte con numerosi colpi di arma da fuoco. Durante la loro fuga, però, furono intercettati ed inseguiti da una pattuglia dei Carabinieri, al cui indirizzo esplosero diversi colpi di arma da fuoco allo scopo di guadagnare la fuga. Nel corso del conflitto a fuoco che ne seguì, rimase ucciso uno dei due sicari, Pellicanò; l’altro (oggi identificato nell’indagato Zappia) sebbene gravemente ferito, riuscì a dileguarsi, approfittando dell’aiuto fornitogli da ignoti complici.
Sulla scena crimine, i Carabinieri rinvennero e repertarono – lungo la via di fuga dei killer – consistenti tracce ematiche. Si trattava del sangue che uno degli assassini aveva copiosamente perduto, dopo essere stato colpito alla gamba nel corso del conflitto a fuoco. Gli accertamenti tecnici condotti nell’immediatezza su quel materiale biologico, non consentirono, tuttavia, per le conoscenze tecnico – scientifiche dell’epoca, di arrivare all’individuazione dell’autore dell’omicidio.

Incastrato dal Dna. Nel 2019, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, nel riesaminare le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia (che avevano fornito indicazioni su quella vicenda nell’ambito del processo Olimpia e nel corso di indagini successive), ha proceduto ad una nuova ed accurata verifica degli atti processuali, recuperando i reperti di tracce ematiche rimasti custoditi per più di trent’anni negli archivi giudiziari. Sono stati quindi delegati accertamenti genetico molecolari sui campioni di sangue in sequestro che, grazie alle moderne tecniche di laboratorio, hanno permesso ai Carabinieri Investigazioni Scientifiche – Reparto Investigazioni Scientifiche di Messina di estrapolare il DNA nucleare utile per fini identificativi. “La successiva comparazione di laboratorio – sostengono gli inquirenti – ha fornito la definitiva ed inequivocabile conferma circa l’identità del killer fuggito all’epoca dei fatti. È stata infatti riscontrata la perfetta sovrapponibilità tra il profilo genetico molecolare estratto dalle tracce ematiche rinvenute sulla scena del crimine e quello ricavato dal tampone salivare dell’indagato Vincenzino Zappia. L’individuazione dell’impronta genetica, per di più, si aggiunge, corroborandolo, al già corposo quadro dichiarativo reso da numerosi collaboratori di giustizia, in merito al coinvolgimento diretto dello Zappia nell’agguato mortale di piazza De Nava”.

Guerra di ‘ndrangheta. L’indagine ha ulteriormente certificato l’appartenenza di Vincenzino Zappia alla potente cosca di ndrangheta dei “De Stefano – Tegano”, attiva in Reggio Calabria, per conto della quale aveva portato a compimento anche l’omicidio del giovane Cartisano. “Le risultanze investigative – sottolineano i carabinieri – hanno consentito di ben delineare la spiccata caratura criminale del destinatario del provvedimento di oggi, impostosi come uno tra i più spietati elementi dei gruppi di fuoco che la compagine di appartenenza, durante la seconda guerra di ndrangheta, aveva approntato per far fronte alle offensive delle cosche avversarie. Sullo sfondo una cruenta lotta senza quartiere ingaggiata per il predominio mafioso – territoriale sulla città di Reggio Calabria”.

Reggio, la seconda guerra di ‘ndrangheta e il profilo del “killer spietato”

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