Cronaca

‘Ndrangheta, Emanuele Mancuso: “Parlavo con Gratteri e volevano ammazzarmi”

Il collaboratore di giustizia depone nel processo contro il clan Soriano e rivela: "Ho subito di tutto. Minacce, pressioni e ricatti"

emanuele-mancuso-verbali

Hanno provato in tutti i modi a farlo desistere e ritrattare. Con le buone e con le cattive. Minacce, pressioni psicologiche di tutti i tipi, offerte di vario genere. Emanuele Mancuso, l'ex rampollo dell'omonima famiglia di Limbadi e Nicotera, figlio del boss Pantaleone, detto l'ingegnere, ha resistito a tutti e a tutto. Nonostante sia stato lasciato dalla fidanzata con la quale doveva sposarsi dopo dieci anni di convivenza, abbandonato, isolato e minacciato dai suoi familiari, il giovane collaboratore di giustizia ha deciso di proseguire lungo la strada iniziata ufficialmente nel giugno del 2018. Un percorso tortuoso, ricco di insidie ma ormai tracciato dai numerosi verbali riempiti tra un omissis ed un altro. Parole che stanno facendo tremare il più potente clan della provincia di Vibo Valentia. Collegato in videoconferenza da un sito riservato con l'aula bunker del nuovo tribunale di Vibo Valentia, ha raccontato per la prima volta in un'udienza pubblica i suoi momenti di difficoltà da quando ha deciso di collaborare con Gratteri e i magistrati della Dda di Catanzaro. Lo ha fatto proseguendo la sua deposizione nel processo scaturito nell'operazione denominata "Nemea" che vede imputati capi e gregari del clan Soriano di Filandari.



Emanuele Mancuso

La deposizione di Emanuele Mancuso. Dinanzi al Tribunale collegiale presieduto dal giudice Tiziana Macrì, il pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci ha completato l'esame del pentito e nell'ultima domanda è emersa la parte intima e privata di Emanuele Mancuso. "Dal primo giorno in cui ho deciso di collaborare fino ad oggi ho subito - ha denunciato pubblicamente - minacce, pressioni psicologiche e hanno utilizzato mia figlia come metodo di ricatto". Quella figlia nata proprio in prossimità della sua collaborazione con la giustizia e per la quale ha deciso di saltare il fosso. Era il 18 giugno del 2018. La notizia è subito diventata di pubblico dominio nel carcere di Siano dove era detenuto in isolamento. All'indomani dell'interrogatorio iniziale, dalle celle della casa circondariale catanzarese sono arrivate le prime minacce: "Dalle finestre del carcere - ha dichiarato Mancuso nel corso dell'udienza - mi veniva detto di tutto: che mi avrebbero ammazzato perché stavo parlando con quel 'cornuto' di Nicolino". E il Nicolino in questione è Nicola Gratteri che nelle scorse settimane ha fatto arrestare proprio per le pressioni e le minacce attuate nei confronti di Emanuele Mancuso la mamma e la zia. In carcere per convincerlo a fare dietrofront si è recata anche la sua ex compagna, madre di sua figlia, Nency Chimirri: "Ci dovevamo sposare ma mi ha lasciato dopo dieci anni di fidanzamento". I Mancuso avrebbero delegato lei per far desistere Emanuele, primo pentito nella storia della potente "famiglia" vibonese. "Mi hanno offerto soldi cash, un bar in Spagna e mi dicevamo che mi avrebbero mandato due avvocati del foro di Milano per farmi passare per pazzo". Proprio su quest'ultimo punto vige il segreto investigativo. Non a caso il pm antimafia Annamaria Frustaci chiede ad Emanuele Mancuso di non svelare gli omissis relativi proprio a questa vicenda.

L'omicidio di Roberto Soriano. In avvio di udienza la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha depositato nuovi atti, tra i quali alcuni verbali non più omissati di Emanuele Mancuso e Bartolomeo Arena più un'altra informativa del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Vibo che hanno condotto sul campo l'inchiesta sfociata nell'operazione "Nemea". L'esame di Emanuele Mancuso si è in gran parte concentrato sull'omicidio di Roberto Soriano, padre di Giuseppe e fratello di Leone, vittima di lupara bianca. Il pentito parla di un colloquio nel corso del quale Salvatore Ascone, detto Pinnolaro, di Nicotera, ritenuto figura apicale del clan Mancuso, gli consiglia di stare lontano da Giuseppe Accorinti, alias "Peppone", presunto boss di Zungri. "Ascone mi disse - racconta Emanuele Mancuso - che Accorinti è pericolosissimo e che era stato lui ad uccidere il padre di Giuseppe Soriano, il mio più grande amico. Accorinti lo macinò con un trattore". Tra quest'ultimo e i Soriano non correva buon sangue e Ascone avrebbe suggerito all'ex rampollo della famiglia Mancuso di stare quindi alla larga da entrambi e di non mettersi contro suo zio Luigi Mancuso. Tra i soggetti che potrebbe essere coinvolti nell'omicidio di Roberto Soriano, Emanuele Mancuso cita anche il nome del boss di San Gregorio Saverio Razionale. "Io ho sentito parlare - spiega - di Saverio Razionale parente con i Soriano perché la figlia è sposata con Andrea Prestanicola e il fratello di quest'ultimo Alex è invece sposato con la figlia di Gaetano".

Operazione "Nemea". La deposizione di Emanuele Mancuso è durata circa un'ora e proseguirà ora il prossimo 12 febbraio con il controesame da parte degli avvocati che rappresentano la difesa, ovvero Diego Brancia, Salvatore Staiano, Giuseppe Di Renzo, Daniela Garisto, Francesco Schimio, Mario Bagnato, Pamela Tassone, Gianni Russano, Vincenzo Brosio. Gli imputati del processo “Nemea” sono: Leone Soriano di Pizzinni di Filandari; Graziella Silipigni di Pizzinni di Filandari, moglie del defunto Roberto Soriano (lupara bianca), fratello di Leone; Giuseppe Soriano di Pizzinni di Filandari (figlio della Silipigni); Giacomo Cichello di Filandari; Francesco Parrotta di Ionadi; Caterina Soriano di Pizzinni di Filandari (figlia di Graziella Silipigni); Luca Ciconte di Sorianello (marito di Caterina Soriano); Mirco Furchì di Limbadi; Domenico Soriano di Pizzinni di Filandari (fratello di Leone Soriano); Domenico Nazionale di Tropea; Rosetta Lopreiato di Pizzinni di Filandari (moglie di Leone Soriano); Maria Grazia Soriano di Arzona di Filandari; Giuseppe Guerrera di Arzona di Filandari; Luciano Marino Artusa di Arzona di Filandari; Alex Prestanicola di Filandari.

‘Ndrangheta nel Vibonese, i rapporti tra Emanuele Mancuso e il clan Soriano di Filandari