In codice è l’operazione “Helianthus” e arriva a culmine di un’indagine iniziata nel 2012. In manette sono finiti capi, luogotenenti, gregari e semplici affiliati della temibile cosca Labate di Reggio Calabria, meglio nota come i “Ti Mangiu”. A condurla, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, la Squadra Mobile della locale Questura.
Operazione “Helianthus”. L’inchiesta fa luce sugli affari economici della cosca Labate, svelando un certo dinamismo in alcuni settori illeciti come quello delle scommesse on line, delle slot machines e dello sfruttamento delle corse clandestine di cavalli, mantenendo tuttavia un elevato interesse per quello che rappresenta il core business delle attività criminali da sempre espressione dello strapotere mafioso dei “Ti Mangiu”, segnatamente rappresentate dal sistematico ricorso ad attività estorsive nei confronti di operatori economici, commercianti e titolari di piccole, medie e grandi imprese, specialmente di quelli impegnati nell’esecuzione di appalti nel settore dell’edilizia privata nell’area ricadente sotto il dominio della consorteria mafiosa. Estorsioni per alcune centinaia di migliaia di euro venivano imposte, con pesanti minacce, agli imprenditori durante i lavori di esecuzione di complessi immobiliari nel quartiere Gebbione controllato capillarmente dai Labate. Ad alcuni titolari di imprese veniva anche imposto con la forza dell’intimidazione l’acquisto di prodotti dell’edilizia presso aziende nella disponibilità del clan. Ad un commerciante è stato impedito di aprire una pescheria nel citato quartiere perché dava fastidio al titolare di un analogo esercizio commerciale, affiliato alla cosca.
L’origine dell’inchiesta. Le indagini da cui scaturisce l’operazione Helianthus, iniziate nel 2012, portarono a distanza di oltre un anno, il 12 luglio 2013, alla cattura del latitante Pietro Labate, leader carismatico e capo storico della cosca che porta il suo nome. Pietro Labate si era sottratto nel mese di aprile 2011 all’esecuzione del fermo di indiziato di delitto emesso dalla D.D.A. di Reggio Calabria ed eseguito dalla Squadra Mobile nei confronti di capi e gregari delle Tegano e Labate nell’ambito dell’operazione “Archi”. Al culmine di un’intensa e laboriosa attività investigativa supportata da molteplici intercettazioni telefoniche, ambientali e da sistemi di video sorveglianza, nell’estate del 2013 gli investigatori della Squadra Mobile localizzavano e catturavano il boss latitante nel suo feudo, mentre si muoveva a bordo di uno scooter vicino al torrente S. Agata. Nel covo in cui aveva trovato rifugio, non distante dal luogo in cui era stato localizzato, vennero scoperte alcune agende sulle quali il boss aveva annotato nomi di persona, importi e denominazioni di ditte rivelatesi determinanti ai fini dell’accertamento della penetrazione dei Labate nel tessuto di alcune attività economiche e commerciali locali.
Ecco gli arrestati
Pietro Labate, 69 anni
Rocco Cassone, 63 anni
Santo Gambello, 45 anni
Paolo Labate, 38 anni
Paolo Labate, 36 anni
Antonio Galante, 54 anni
Caterina Cinzia Candido, 55 anni
Francesco Marcellino, 70 anni
Fabio Morabito, 49 anni
Orazio Assumma, 61 anni
Domenico Foti, 59 anni
Domenico Pratesi, 50 anni
Ai domiciliari
Antonino Labate, 70 anni
Santo Antonio Minuto, 55 anni
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