Attualità

Da Sabrina Misseri a Bossetti, che lavoro fanno in carcere i detenuti più famosi d’Italia

Rosa e Olindo, Alberto Stasi, Veronica Panarello, Angelo Izzo, Salvatore Parolisi, Antonio Logli, Michele Buoninconti: tutti occupati durante la reclusione. Ecco invece chi non lavora

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Detenuti ‘famosi’: i loro volti per anni sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali. L’Italia si è divisa – tra frange di colpevolisti e innocentisti – al cospetto dei grandi casi di cronaca che hanno scandito l’ultimo ventennio. Storie drammatiche culminate al terzo grado di giudizio, con un forte impatto sociale e mediatico. Alberto Stasi, Massimo Bossetti, Rosa e Olindo, Veronica Panarello: personalità ed esistenze lontanissime fra loro, accomunate però da una condanna definitiva, che ne ha sancito non soltanto lo status di colpevolezza ma anche un futuro – più o meno a lungo termine – in carcere.

Sono retribuiti con la mercede – questo il termine che indica lo stipendio dei reclusi – che varia da una base di poche centinaia di euro fino a mille euro (soltanto in qualche caso). Denaro che alcuni riservano per sé, mentre altri destinano alle loro famiglie. Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi (Garlasco, 13 agosto 2007) ha una laurea in economia conseguita alla Bocconi. Nel carcere milanese di Bollate – modello avanzato di struttura penitenziaria – è impiegato come centralinista: opera al call center di una nota compagnia telefonica, che ha stipulato una convenzione con la ‘Bee4 altre menti’, impresa sociale fondata nel 2013, che offre opportunità di riscatto ai reclusi. Al medesimo call center, nella stessa struttura penitenziaria, aspira Salvatore Parolisi, che ha scontato quasi metà della pena a 20 anni di reclusione inflittagli per l’omicidio della moglie Melania Rea (Civitella del Tronto, 18 aprile 2011). L’ex militare sta frequentando uno stage formativo che gli permetterà di unirsi agli altri centralinisti.

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