‘Ndrangheta, tremano i clan del Vibonese. Un nuovo pentito per Gratteri

Si tratta di Giuseppe Comito, già condannato a 30 anni di reclusione nell'ambito della faida tra i Patania e i Piscopisani. Da "spia" dei Mancuso a collaboratore di giustizia

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E' Giuseppe Comito, 43 anni di Vibo Marina, detto "Peppe Canna", il nuovo pentito della 'ndrangheta vibonese. Già condannato a 30 anni di carcere nell'ambito del processo "Gringia" che ha fatto luce sulla cruenta faida tra i Piscopisani e i Patania di Stefanaconi, Comito ha iniziato a collaborare segretamente con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro da qualche mese. Ha già riempito pagine e pagine di verbali alcuni dei quali dovevano essere depositati oggi in aula nel corso del processo d'appello scaturito dall'operazione "Black Money". Il pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci aveva infatti chiesto alla Corte di acquisire una parte dei verbali relativamente alle accuse formulate dal pentito nei confronti di Pantaleone Mancuso, alias "Scarpuni". La richiesta del sostituto procuratore antimafia è stata però respinta ma da oggi Giuseppe Comito è pubblicamente un collaboratore di giustizia.




Da "spia" a "pentito". Il 43enne è stato condannato in via definitiva per l'omicidio di Davide Fortuna, avvenuto sulla spiaggia di Vibo Marina il 6 luglio del 2012 ad opera di un commando assoldato dai Patania di Stefanaconi. Fu l'ultimo agguato compiuto nel corso della guerra di mafia che insanguinò il Vibonese a cavallo tra il 2011 e il 2012. Secondo quanto emerso dalle pagine dell'inchiesta "Gringia" Giuseppe Comito sarebbe stato una sorta di "spia" dei Patania e anche tramite lui sarebbe stato individuato il covo dove si nascondevano a Vibo Marina i "Piscopisani". La sua "soffiata" avrebbe infatti portato i killer dei Patania sulle tracce di Francesco Scrugli, ucciso nel marzo del 2012 mentre stava salendo le scale in un appartamento del Pennello. Quella sera con lui c'erano anche Raffaele Moscato (oggi collaboratore di giustizia) e Rosario Battaglia, sfuggiti all'agguato. "Aveva il compito – sostengono i pentiti che hanno parlato di lui – di dare il via libera all’ingresso dei killer nell’immobile nel momento in cui gli obiettivi si fossero allontanati ed all’interno non vi fossero nemmeno gli operai che stavano eseguendo dei lavori di ristrutturazione. Solo in tal modo sarebbe stato garantito l’effetto sorpresa dato dalla presenza dei killer lungo le scale mentre Scrugli e gli altri avrebbero fatto ritorno nell’appartamento".
Comito ha avuto un ruolo anche nell'omicidio di Davide Fortuna. Dice Raffaele Moscato a tal proposito: "È avvenuto perché se l’è venduto Giuseppe Comito con Pantaleone Mancuso “Scarpuni”. Questi non muoveva un passo senza Nazzareno Colace che è vicinissimo a “Scarpuni”. La casa di Comito affaccia sulla spiaggia dove avvenne il delitto. Quel giorno la fidanzata di Rosario Battaglia ha preso i bambini di Davide per scappare, è andata a casa di Comito e, nonostante fossero all’interno, non hanno aperto la porta. La sua baracca era in una posizione strategica per essere usata come base per l’omicidio di Scrugli ed il tentato omicidio mio e di Battaglia poiché posizionata a circa 500 metri dalla casa di Fortuna, in una zona buia e senza telecamere, con la possibilità di fuga dalla spiaggia… Colace aveva detto a un tale Giuseppe Comito di sorvegliarci. E infatti quando ci fu l’omicidio di Fortuna, la ragazza di Battaglia che era in spiaggia prese i bambini di Fortuna e si allontanò, andando a chiedere rifugio proprio nella casa di Comito che era a 10 metri dalla nostra di via Arenile, luogo dell’agguato di marzo. E Comito le chiuse la porta in faccia".

Altro collaboratore di giustizia. Si tratta dunque dell'ennesimo "pentimento" dopo quelli di Loredana Patania, Daniele Bono, Nicola Figliuzzi, Raffaele Moscato e Andrea Mantella. Nuove frecce all'arco di Nicola Gratteri e del suo poule di magistrati e di investigatori che lavorano per infliggere alle consorterie criminali presenti sul territorio un colpo mortale. (m.f.)

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