Le piccole e medie imprese rischiano in media di subire 122 controlli l’anno da parte di 19 soggetti pubblici differenti. È solo l’ultimo paradosso di quel mostro a molte teste che è la burocrazia italiana, che fa dannare milioni di imprenditori e lavoratori autonomi. E che, nelle versione della «mala-burocrazia», costa più di 31 miliardi di euro, come somma di risorse finanziarie, ore di lavoro e personale dedicati, tempo infinito perso. Con un «prezzo» medio per soggetto economico di circa 7mila euro l’anno.
A tirare fuori l’ultimo, aggiornato, conteggio sulla «controllite acuta» che perseguita le pmi di casa nostra sono i tecnici della Cgia di Mestre. Tra Inps, Inail, Ispettorato Nazionale del Lavoro, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Guardia di Finanza, Aziende/Unità sanitarie locali, Vigili del Fuoco, Camere di Commercio, Autorità garante della Privacy, Carabinieri forestali, Nas, Noe, Siae e via di seguito, ogni impresa può subire visite e accertamenti ogni tre giorni, festivi e domeniche incluse. Il risultato è che «con un coacervo di norme spesso incomprensibili e in parecchi casi in contraddizione fra loro – accusa Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi degli artigiani di Mestre – qualsiasi imprenditore, soprattutto se piccolo, corre il pericolo di non essere mai in regola. L’ipotesi di un controllo è vissuto dal titolare come un incubo che getterebbe nel panico chiunque».