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“Perizie false” per fare uscire dal carcere il boss Andrea Mantella, la Dda chiede il rinvio a giudizio per medici ed avvocati (NOMI)

Devono rispondere di corruzione, favoreggiamento personale in concorso, frode processuale, falsa perizia, falsa attestazione a pubblico ufficiale.

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Falsi certificati medici e false perizie psichiatriche per fare uscire dal carcere Andrea Mantella, oggi collaboratore di giustizia ma all'epoca dei fatti boss emergenza del clan vibonese "Pardea Ranisi". Per questi reati, aggravati dalle modalità mafiose, la Dda di Catanzaro ha chiesto al gup il rinvio a giudizio nei confronti di due avvocati, consulenti tecnici di parte, medici e periti. Devono rispondere di corruzione, favoreggiamento personale in concorso, frode processuale, falsa perizia, falsa attestazione a pubblico ufficiale.




A rischio processo. La richiesta di rinvio a giudizio dei pm antimafia Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso ed Annamaria Frustaci riguarda Andrea Mantella, 46 anni, di Vibo Valentia, collaboratore di giustizia; Francesco Lo Bianco, 48 anni, di Vibo; l’avvocato Salvatore Staiano, 63 anni, di Soverato, legale del Foro di Catanzaro; l’avvocato Giuseppe Di Renzo, 46 anni, del Foro di Vibo Valentia; Santina La Grotteria, 46 anni, di Vibo Valentia, compagna di Mantella; Silvana Albani, 69 anni, di Camerino; Luigi Arturo Ambrosio, 82 anni di Castrolibero; Domenico Buccomino, 66 anni, di Cosenza; Massimiliano Cardamone, 43 anni di Catanzaro; Antonio Falbo, 56 anni di Lamezia Terme; Sergio Lupis, 71 anni, di Siderno, consulente tecnico della difesa di Mantella; Mauro Notarangelo, 51 anni di Catanzaro, psichiatra e consulente di parte; Massimo Rizzo, 56 anni, di Catanzaro; Antonella Scalise, 62 anni di Crotone. Archiviate le posizioni di altri due indagati: Sabrina Curcio, 51 anni di Lamezia Terme e Francesco Lacava, 62 anni di Pentone. Udienza preliminare fissata per il prossimo 4 novembre dinanzi al gup distrettuale di Catanzaro, Teresa Guerrieri.

L'accusa. Le indagini hanno accertato un vero e proprio meccanismo facente parte di un più ampio sistema illecito che vede coinvolti medici e avvocati, i quali, attraverso le proprie condotte, si sono adoperati - in molti casi riuscendoci - a far ottenere benefici carcerari ai propri assistiti, esponenti di spicco della ‘ndrangheta, trasgredendo le leggi dello Stato e venendo meno alle regole deontologiche che contraddistinguono le professioni mediche e legali. Ed è proprio grazie alla collaborazione dell’elemento di vertice dell’articolazione di ‘ndrangheta che i Carabinieri sono riusciti a ricostruire la rete di professionisti che - secondo l'accusa - si faceva beffa della giustizia. Nei guai è finita anche una clinica sanitaria convenzionata per ospitare detenuti gravemente malati “in realtà sanissimi”, che invece - contrariamente ai doveri d'ufficio imposti dal ruolo pubblico - ospitava veri e propri summit degli ‘ndranghetisti, diventando praticamente una base operativa dove veniva deciso lo sviluppo della Locale di ‘ndrangheta. Secondo le ipotesi di accusa i legali Staiano e Di Renzo in qualità di codifensori di Mantella nonché nel ruolo di istigatori, Notarangelo, Cardamone, Rizzo e Scalise quali consulenti tecnici della difesa, Mantella quale beneficiario della condotta, in diversi scritti destinati all’autorità giudiziaria e con più azioni poste in essere in momenti diversi, avrebbero attestato falsamente che lo stesso Mantella sarebbe stato affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il sistema carcerario, indicando come necessaria la sua allocazione in una clinica esterna al circuito penitenziario.

Il tentato suicidio simulato. Tra gli episodi contestati dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari spiccano una serie di perizie sulle false patologie psichiatriche di Andrea Mantella, all’epoca dei fatti ritenuto soggetto apicale dei “Pardea-Ranisi” nonché promotore ed organizzatore del cosiddetto gruppo scissionista operante nella città di Vibo. In particolare nel febbraio del 2006 Mantella fu protagonista di una evidente simulazione di un tentativo di suicidio nella Casa Circondariale di Siano. Un tentativo da subito non preso in alcuna considerazione dal medico di guardia del penitenziario che non ravvisò alcun fattore di rischio per la vita o per la salute del detenuto. Nonostante ciò alcuni dei medici specialisti che risultano oggi indagati avrebbero attestato il falso dichiarando Mantella affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il sistema carcerario o, addirittura, da “sindrome suicidaria”. False perizie di parte redatte – secondo l’accusa – allo scopo di agevolare il lavoro degli avvocati difensori di Mantella e finalizzate alla sua scarcerazione.

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