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Il Governo giallorosso e lo spettro dell’Articolo 18 che agita le imprese

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C’è chi lo dice apertamente, come Maurizio Landini e Pier Luigi Bersani. E chi lo racconta più dietro le quinte. Una cosa è, però, certa. Il Jobs Act e, dunque, l’Articolo 18, sono nel mirino della nuova maggioranza e del nuovo governo giallorosso. E se è vero che nel programma, al capitolo lavoro, sono indicati il salario minimo e il taglio del cuneo fiscale – di ritorno al vecchio articolo 18 non si parla – è altrettanto vero che tutti i 5 Stelle, Leu e ampi settori del Pd zingarettiano sono favorevoli da sempre a rimettere in discussione la riforma di Matteo Renzi del 2015. In realtà, poiché lo stesso ex leader del Nazareno è uno degli azionisti della nuova alleanza, è verosimile che, forte dei numeri nei gruppi parlamentari Pd di Camera e Senato, farà resistenza a interventi sulla sua legge più significativa. Ma dentro la maggioranza si raccolgono più voci sulla possibilità di riuscire nell’impresa. Per cominciare, si sottolinea come la forza sociale più vicina a questo governo sia certamente la Cgil, che non ha mai rinunciato alla battaglia contro il Jobs Act e che, al suo interno, rappresenta tutte e tre le anime ora al timone del Paese: con dirigenti vicini al M5s, altri legati a LeU e al Pd, e con una base ancora legata ai dem tanto più nella versione zingarettiana.

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