Gli affari illeciti del clan Procopio-Mongiardo: “I proventi della droga anche per mantenere i detenuti in carcere”

I particolari dell'ultima inchiesta firmata da Gratteri: interi nuceli familiari spacciavano e i genitori nascondevano la droga nella stanza dei loro figli

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“Prisoner tax”. E’ questo il nome in codice dato dai Carabinieri all’operazione che all’alba di oggi ha portato all’esecuzione di 25 misure cautelari tra arresti e obblighi di dimora. Sgominata una rete dedita al traffico e allo spaccio di droga nel Catanzarese con una particolarità: i proventi illeciti guadagnati dalla vendita di cocaina, marijuana e hashish venivano in parte destinati al mantenimento dei detenuti in carcere.

Contatti importanti. A capo del business c’erano i Procopio-Mongiardo che operavano nell’hinterland di Soverato: da San Sostene dove vi era la base operativa fino a Montepaone passando da Davoli e Gasperina. A rifornire la cosca del basso jonio catanzarese di droga erano i Gallace di Guardavalle e i Nirta-Strangio di San Luca. “La cosca – ha ribadito il procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri – interagiva con i Gallace per la marijuana e con le famiglie Nirta e Strangio per la compravendita della cocaina. Una parte di essa trattata dal gruppo veniva destinata al mercato avellinese”.

La base operativa. Le piazze di spaccio erano comunque ubicate tutte nel Soveratese e a San Sostene vi era il punto di ritrova del sodalizio. Qui avvenivano gli incontri con i fornitori reggini ma anche con esponenti delle cosche del Vibonese interessate a un altro business: il taglio boschivo. “In particolare – ha rivelato il comandante della Compagnia di Soverato Gerardo De Sena – in un bar di San Sostene vi era la base operativa dopo avveniva la riscossione dei crediti”. Chi non pagava tra gli assuntori subiva gravi minacce e in qualche caso a saldare il debito ci hanno pensato anche i genitori di un “cliente”. Diversi gli episodi registrati dagli inquirenti nel corso di un’attività investigativa partita nel 2016. Una delle piazze di spaccio, quella di Gasperina, era gestita da un intero nucleo familiare. Genitori e figli minori si sarebbero occupati dello spaccio tra le mura domestiche. Non a caso tra le dodici persone arrestate in flagranza di reato vi sono anche due genitori sorpresi a nascondere la droga addirittura nella stanza dei loro figli.

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