Cronaca

Usura bancaria, il tribunale di Vibo riapre le indagini: nei guai i presidenti di alcuni istituti di credito

Tra le banche interessate pure la Bcc del Vibonese, oltre che Banca Carime e la Banca Popolare del Mezzogiorno

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Il gip del Tribunale di Vibo Valentia, Pia Sordetti, con ordinanza dello scorso 7 giugno, accogliendo le opposizioni alla richiesta di archiviazione proposte dai legali delle famiglie Petruzzelli – Riga e Famigliolo, rispettivamente rappresentate dagli avvocati Raffaele Masciari e Pasquale Siciliano le prime e Caterina De Luca la seconda, ha disposto la riapertura delle indagini a carico di numerosi indagati in un’inchiesta per usura bancaria.

Il procedimento penale vede indagati funzionari di noti istituti di credito locali come BCC del Vibonese, Banca Carime e Banca Popolare del Mezzogiorno per i reati di truffa, estorsione ed usura.
I legali, nella copiose memorie depositate a sostegno delle ragioni dei propri assistiti, hanno fatto emergere “l’evidente insufficienza ed inesattezza delle indagini condotte dalla Procura di Vibo Valentia in relazione al reato di “usura bancaria” che, si rammenta, può verificarsi sia con l’applicazione di interessi ultra soglia in conto corrente, sia con la stipulazione di contratti di mutuo viziati dalla pattuizione iniziale di tassi di interesse usurari”.

Il gip, accogliendo le opposizioni formulate dai legali delle persone offese e recependo le argomentazioni dagli stessi dispiegate in udienza ha disposto che la Procura di Vibo Valentia, rappresentata dal pm Ciro Lotoro, individui i presidenti dei consigli di amministrazione delle suddette banche che necessariamente dovranno essere indagati per i reati di cui sopra oltre che accertare le singole responsabilità degli odierni indagati.

I legali delle persone offese, nell’esprimere soddisfazione per la decisione del Giudice per le Indagini preliminari, confidano che tale provvedimento sia l’incipit di una indagine finalizzata a contrastare il fenomeno usurario che certamente non lascia esente il vibonese e che, anche per un condiviso sentimento di pudore, vede spesso le vittime restie a denunciare.

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