Salute & benessere

Andare dallo psicologo non è una sconfitta ma un modo per affrontare i problemi

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Sebbene si viva in un’epoca dove tutto intorno sembra evoluto, a ben vedere, quando i discorsi si fanno più importanti e introspettivi, é come se si aprisse un vaso di Pandora dal quale, a proposito di certe tematiche, vengono fuori tanti aspetti che ci riportano molti anni indietro. Si è in una fase dove ad esempio, se si nominano gli psicoterapeuti, le persone hanno tuttora tantissimi pregiudizi, idee sbagliate, infondate e talvolta basate su mera ignoranza.

Lo psicoterapeuta non si occupa solamente di disturbi o patologie: il suo fine principale è il benessere della persona, includendo in esso crescita personale, miglioramento dell’autostima o della qualità della vita, indirizzamento quando si vive male una scelta (facoltà universitaria, relazione, divorzio, ecc…). È a causa dei pregiudizi che i potenziali pazienti sviluppano delle forme di resistenza alla psicoterapia.

Forme di resistenza sociale, culturale e personale alla psicoterapia

  • Nella nostra società, si ritiene ancora che la psicoterapia sia per i matti. Vi sarà capitato di consigliarla a qualcuno e di sentire rispondere: “Non sono mica matto”; spesso questo preconcetto viene trasmesso da televisione e giornali, e non c’è nulla di più sbagliato.

    Le persone convinte che essa sia riservata ai matti temono di essere giudicate come tali dalla famiglia, dagli amici e dai parenti; in realtà, la psicoterapia è per le persone che coraggiosamente scelgono una strada non facile per migliorare la loro vita e di questo devono essere orgogliose;

  • Altra convinzione è che possano fare psicoterapia solo gli abbienti, che sia riservata ai ceti sociali più alti. Forse questo accadeva molto tempo fa: oggi, gli psicoterapeuti vanno incontro al paziente e parlano con lui dei costi, accordandosi; molti di essi inoltre, concedono una prima visita conoscitiva gratuita.

    Quando si pensa alla spesa da sostenere, è importante vederla come un investimento per il futuro: pensate a quanti soldi si possono risparmiare evitando un divorzio, oppure gestendo bene le relazioni lavorative che altrimenti potrebbero danneggiarsi e forse portare a perdere il lavoro;

  • Le persone sono convinte di volercela fare da sole, perché ritengono di poterlo fare; concettualmente, questo sarebbe giusto: infatti, lo psicoterapeuta non fa il percorso al posto del paziente, mentre si limita a prenderlo per mano e ad aiutarlo a trovare il percorso adatto a lui, accompagnandolo poi durante il viaggio; tuttavia non farà la scalata della montagna al posto suo. Quella spetta al paziente;
  • C’è anche chi ritiene che si possa subire un lavaggio del cervello; spesso, chi pensa questo è colui che ha in sé la paura di essere manipolato o sfruttato, ma lo specialista è un professionista abilitato dopo una lunga preparazione, ed è per questo che merita fiducia;
  • C’è anche chi ritiene che l’unico fine del terapeuta sia l’interesse economico, senza pensare che qualsiasi professionista viene pagato per il suo lavoro. È come se vedere il problema sia sinonimo di affidabilità; la mente non può essere vista e viene spesso sottovalutata: si dà credito al mal di pancia e si vuole ricorrere al farmaco perché il dolore si sente fisicamente, mentre non si dà peso a ciò che dentro la testa ha provocato quel mal di pancia;
  • È ancora presente una forma di omertà trasmessa dalla famiglia, che porta a credere che il malessere sia solo momentaneo e che con la buona volontà e con il tempo guarirà da solo. In realtà, non sempre è così e a volte accadono traumi, situazioni particolari o stati emotivi che non si riesce a gestire e a superare. È improbabile che qualcosa che dentro si è bloccato si sblocchi magicamente, e non sempre è una questione di volontà e di tempo.

    Esiste la convinzione che i bambini “col tempo dimenticheranno”. Invece, il più delle volte, le difficoltà che non vengono affrontate e vengono rimandate si ripresenteranno come dei sassolini che faranno inciampare nelle successive fasi della vita;

  • A volte, si ha soggezione a parlare con un estraneo: forse ci si apre col medico di famiglia, ma non è la stessa cosa; lui ha un altro ruolo e se si rendesse conto che fosse necessario, dovrebbe essere il primo a consigliare l’aiuto di un esperto, esattamente come farebbe per qualsiasi altro sintomo che richiedesse uno specialista.

    Non bisogna mai dimenticare che si sta interagendo con un professionista e che tutto ciò che viene detto durante una seduta è coperto da segreto professionale dello psicologo (Padova ha una delle migliori università per formare questi professionisti);

  • Le persone ritengono che sia sufficiente parlarne, e non distinguono che parlare con la propria madre, con una sorella o un’amica non sia funzionale quanto rivolgersi a uno specialista; questa rete sociale e famigliare può avere un ruolo positivo nella promozione del benessere, ma è il terapeuta che sa dove e come intervenire.

    Capita anche che la rete famigliare agisca in senso negativo, magari pensando di fare del bene o per proteggere quella persona la spinge verso una resistenza al cambiamento;

  • A volte, si ha talmente paura di toccare con mano il proprio dolore che si troverebbe qualsiasi soluzione pur di non affrontarlo, ed è per questo che è meno impegnativo fare ricorso ai farmaci, a una pillola, a qualche goccia per far dormire il malessere che urla dentro.

    Un farmaco agisce silenziosamente, non mette di fronte al problema come farebbe uno psicologo che vuole entrare dentro e frugare per sistemare ciò che non funziona.

Il problema della mancanza di consapevolezza

Si verificano delle situazioni tipiche, in cui manca una vera e propria consapevolezza del problema:

  • Una persona può non essere consapevole del problema psicologico e tende quindi a cercare le spiegazioni del suo dolore al di fuori di se stessa. Fa questo chi giudica gli altri malvagi, o afferma di essere sfortunato o attribuisce la colpa alla società.

    Al di fuori di se stessi, possono esistere delle responsabilità per qualche situazione oggettiva, ma chi cerca di attribuire le colpe agli altri o alle contingenze esterne in modo compulsivo cerca solo di evitare di diventare consapevole che il problema è dentro di sé;

  • C’è chi tende a sminuire il problema, come chi sta male e sopporta, affermando che in fondo non è poi così grave. Si tratta di persone che vivono la loro vita col freno a mano tirato, permettendo all’ansia di non far vivere loro situazioni appaganti, o alla depressione di non essere propositivi vivendo attivamente le occasioni e perdendo così tante opportunità che potrebbero cambiare la vita in meglio.

    E c’è anche chi sminuisce la sofferenza, sostenendo che la vita è dura e che tutti soffrono, rendendo oggettivo un disagio soggettivo, come qualcosa che non può essere risolto e ritenendo quindi inutile la psicoterapia;

  • C’è, infine, il tipo di persona demotivata che, sminuendo se stessa e autocommiserandosi, ritiene che la difficoltà possa essere superata quando è degli altri; magari ha anche visto con i suoi occhi altre persone stare meglio. Tuttavia, non è possibile che accada a lei, perché il suo problema è più grave, lei non è brava e volenterosa come quella persona.

Tante persone usano il malessere psicologico per mantenere una zona confort; a volte, lo fanno per avere le attenzioni e le cure di qualcuno, a volte per detenere una situazione di potere e dunque preferiscono mantenere lo status quo.

Andare da uno psicologo può aprire la mente al vero cambiamento, a patto che si scelga di voler cambiare, perché per risolvere i problemi è necessario mettersi in discussione e seguire i consigli ricevuti; voler cambiare porterà a conoscere delle cose di se stessi che neanche si immaginavano, incluse tantissime risorse inconsce.

La psicoterapia agisce modificando la struttura del cervello; spesso, ciò che si fa o si pensa è dovuto a delle convinzioni inscritte nel nostro cervello e, attraverso un percorso di consapevolezza, si può capire che certe ansie o paure sono residui di esperienze che hanno forgiato l’atteggiamento in modo così profondo che da soli non si riesce ad andare oltre; sarà la psicoterapia a dare gli strumenti per farlo.

L’ideale sarebbe non attendere troppo perché più il dolore si pietrifica, più lavoro sarà necessario per scalfirlo. Inoltre, non bisogna mettersi in testa di stare bene dall’oggi al domani: non state schiacciando un tastino di spegnimento e accensione, state lavorando su sofferenze che si sono radicate col tempo e che soltanto col tempo sistemerete.