Cronaca

Appalti “pilotati” alla Regione, crollano le accuse a Oliverio. La Cassazione: “Raggirato da tecnici e dirigenti”

Pubblicate le motivazioni con le quali i giudici della Suprema Corte hanno annullato l'obbligo di dimora del governatore indagato nell'inchiesta "Lande Desolate"

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Assenza di gravita indiziaria e chiaro pregiudizio accusatorio. Sono due delle frasi chiave riportate nelle motivazioni con le quali la Corte di Cassazione ha annullato l’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore da parte del presidente della Regione Calabria Mario Oliverio nell’ambito dell’inchiesta sui presunti appalti “pilotati”, denominata in codice “Lande Desolate”. “Il ricorso – scrivono i giudici della Suprema Corte – è fondato sia con riferimento alle censure che attengono alla gravità indiziaria e sia con riguardo a quelle che investono la valutazione delle esigenze cautelari”.

Assenza di gravità giudiziaria. Le motivazioni della sentenza sono state rese note oggi ed evidenziano “l’esclusione della gravità indiziaria per l’abuso di ufficio”, richiamando il fatto che, rispetto ai lavori di Lorica, Oliverio “non era a conoscenza delle modalità ingannevoli di redazione dei Sal con cui erano stati disposti i pagamenti ed autorizzati i finanziamenti per i lavori complementari sulla base della stipula dell’atto di sottomissione approvato”. Tesi ribadite più volte dagli avvocati difensori del presidente della Regione, Vincenzo Belvedere e Armando Veneto, fino a spingere la Suprema Corte a sostenere che “il ricorso è fondato sia con riferimento alle censure che attengono alla gravità indiziaria e sia con riguardo a quelle che investono la valutazione delle esigenze cautelari”.

Oliverio “raggirato” dai funzionari. Tra gli aspetti principali richiamati nella motivazioni, anche il fatto che “le conversazioni intercettate, alle quali non prende mai parte il ricorrente, vengono lette ed interpretate senza considerare, come pure espressamente sollecitato dalla difesa in sede di riesame, la intonazione canzonatoria e irriverente assunta dagli interlocutori sintomatica del compiacimento per essere riusciti a persuadere il presidente della Regione della bontà dei loro progetti e della serietà dell’ operazione imprenditoriale nel suo complesso, tanto da avere anche raccolto l’entusiasmo del suo appoggio “politico” per incrementare l’opera con ulteriori lavori ritenuti funzionali allo sviluppo turistico della zona”.
Secondo la Cassazione, dunque, “la chiave di lettura delle conversazioni muove dal chiaro pregiudizio accusatorio che anche il ricorrente avesse condiviso le modalità fraudolente con cui dovevano essere finanziate le opere appaltate, e che il riferimento degli interlocutori allo scarso apporto del capitale privato fosse stato compreso effettivamente dal ricorrente per la valenza criminosa che aveva e non anche come una interlocuzione scherzosa intercorsa tra i funzionari pubblici, a commento dell’incontro positivo – spiegano i giudici – avuto con il presidente della regione, per la soddisfazione di essere sostanzialmente riusciti a raggirarlo”.

Errori di valutazione. Le motivazioni definiscono come un “ulteriore errore di valutazione” quello che “emerge dall’enfatizzazione del ruolo di ‘unico proponente’ della delibera di competenza della Giunta regionale, trattandosi di un dato solo formale, non adeguatamente approfondito sotto il profilo della rilevanza del concreto ruolo svolto dal ricorrente nella verifica della correttezza dell’iter amministrativo seguito, tenuto conto che con la stessa delibera sono stati approvati stanziamenti analoghi che hanno riguardato secondo quanto emerge dalla produzione documentale allegata al ricorso numerosissimi progetti”.
La delibera a cui fa riferimento la Cassazione, è la numero 159 del 13 maggio 2016 con cui la Giunta regionale ha approvato lo stanziamento in bilancio dell’importo di 4.200.000 euro per lavori complementari, sebbene fosse a conoscenza – era l’accusa – sia dello stallo dei lavori e della crisi finanziaria della società aggiudicatrice e sia della pretestuosa e fittizia rappresentazione delle nuove opere come complementari. Tesi, quest’ultima, ribaltata dalla Suprema Corte.

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