Lettera di un’anonima elettrice vibonese: “Ecco perché non andrò a votare”

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La fatidica data del 26 maggio si avvicina molto velocemente e già alcuni candidati ai quali ho dovuto negare la disponibilità al voto mi guardano come fossi una poco di buono. La stortura del sistema porta me a sentirmi sbagliata e non loro, l’esercito del gettone di presenza o, del pronto soccorso del ricoprimento della buca stradale. Mi chiedo se nelle città del nord Italia esiste la stessa caccia al voto del tipo “porta a porta” e se l’abbinamento del voto uomo-donna, qui da noi, non sia solo la strategia migliore per incalappiare preferenze, legami tra famiglie e creare una sorta di “coppia bloccata”.

“se volete aiutare mia figlia”, “quanti siete?”, “fai votare anche tuo marito e i tuoi figli?”, “è laureato, diamogli una mano”, “sono stato due volte consigliere e non ho mai voluto il gettone, sono la parte buona e onesta”. Ho contato 38 richieste ed io ho un solo voto che desidero rimanga libero e segreto. Per me le 38 richieste sono 38 schiaffi, una violenza intima e morale. Come si fa a spiegare che sposare il progetto elettorale che la politica locale ci offre non è semplice per chi ha impostato la propria vita sulla coerenza, sulle ideologie, sulle scelte democratiche. La transumanza politica è un’espressione di libertà ma non tutti gli elettori sono pronti e disponibile a comprendere e sposare scelte e progetti.

La città ha bisogno di progetti di risanamento economico, di pulizia, di servizi al cittadino, di competenze e non di assumere decisioni, di basso livello, che riguardano la sorte delle strisce blu. Dopo anni di fallimenti politici, di debiti assunti, di lavori non fatti o, fatti male ho il diritto di pensare che questa partita elettorale non la voglio giocare: sono una frazione numerica troppo piccola per poter esprime il mio naturale dissenso, fate voi! Con il mio voto non ci saranno né vincitori né perdenti!

Lettera firmata

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