Avrebbe agevolato la cosca dei Commisso, indagato l’ex senatore Pietro Fuda

Il Comune di Siderno è stato sciolto per presunti condizionamenti della criminalità organizzata nell’agosto del 2018, quando l'ex parlamentare era ancora sindaco

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La Dda di Reggio Calabria ha notificato all’ex sindaco di Siderno, Pietro Fuda, di 76 anni, un avviso di conclusione indagini per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Le accuse. Secondo quanto è emerso dall’inchiesta condotta dalla Dda reggina, Fuda, che è stato anche senatore, presidente della Provincia di Reggio Calabria ed assessore della Regione Calabria, nel periodo in cui è stato sindaco di Siderno, carica alla quale era stato eletto nel maggio del 2015, avrebbe favorito gli interessi della cosca di ‘ndrangheta dei Commisso. Fuda, in particolare, sempre secondo l’accusa, avrebbe consentito alla cosca Commisso di assumere una posizione di influenza nel consiglio comunale, promuovendo e consentendo la nomina a presidente dell’organismo di Paolo Fragomeni, legato da vincoli di parentela con la famiglia dei Commisso. Il Comune di Siderno è stato sciolto per presunti condizionamenti della criminalità organizzata nell’agosto del 2018, quando Fuda era ancora sindaco.

Gli altri indagati. Nell’ambito della stessa inchiesta sono indagati anche Giuseppe Figliomeni, Antonio Commisso detto “u’ Bucatu”, Cosimo Commisso e Domenico Cerisano, tutti destinatari dello stesso avviso di conclusione indagini preliminari. Antonio e Cosimo Commisso e Figliomeni Giuseppe, dovranno rispondere di corruzione elettorale aggravata dal fine di aver agevolato la cosca Commisso: in vista delle elezioni comunali del 2015, di due Commisso avrebbero agevolato l’elezione di Giuseppe Figliomeni, candidato alla carica di Consigliere Comunale, in seguito alla conclusione di un “accordo in forza del quale il candidato, al fine di ottenere il sostegno elettorale dalla cosca Commisso, prometteva all’organizzazione utilità di vario tipo, consistenti nella disponibilità, una volta eletto, a soddisfare gli interessi dell’associazione mafiosa”.

Domenico Cerisano, invece, dovrà rispondere di minaccia a pubblico ufficiale aggravata dal metodo mafioso, per aver minacciato il responsabile dell’Ufficio Tecnico, per costringerlo a rinnovare in suo favore una concessione demaniale relativa alla gestione di un chiosco su un tratto di spiaggia.