Il giudice del Tribunale di Vibo non crede alla chiamata in reità del coimputato ed assolve Ciro Amabile, 44 anni di Pizzo, dal reato di ricettazione. I fatti hanno origine dalla denuncia di un furto in abitazione subita da un cittadino di Pizzo che annovera tra la refurtiva, tra l’altro, una pistola cal. 7.65 ed un telefonino.
Da lì subito le indagini dei Carabinieri della locale stazione, che si sono messi sulle tracce del cellulare rubato, identificando l’I-MEI (codice identificativo) ed il traffico in uscita dallo stesso, così pervenendo a rintracciare un venditore ambulante di nazionalità marocchina E. M. N. E. Questi, identificato in alta Italia dai Carabinieri di Dongo (cittadina nota agli annali storici per ivi essere avvenuto il riconoscimento e l’arresto del dittatore Benito Mussolini), sulle prime negava ogni addebito, contro le evidenze del traffico telefonico e, poi, cambiava versione chiamando in correità un altro soggetto, Ciro Amabile per l’appunto, dal quale, secondo la sua versione dei fatti, avrebbe ricevuto il cellulare rubato in cambio di tre capi d’abbigliamento intimi (tre slip per l’esattezza).
Giunti innanzi al giudice l’Amabile, accusato di aver ricettato il cellulare rubato, si è fatto difendere dall’avvocato Filippo Accorinti, che ha messo in crisi l’impianto accusatorio, facendo leva sul maggior rigore probatorio preteso dalla legge nei casi di chiamata in correità. Il pm nella persona di Paola Prestinenzi aveva chiesto la condanna dell’Amabile e del coimputato marocchino ad oltre due anni di reclusione e così pure la parte civile rappresentata dall’avvocato Paolo Fuduli. Il giudice Luppino, tuttavia, non ha ritenuto sufficientemente provata l’accusa del correo ed ha mandato assolto Amabile.
