Cronaca

Rapito e sequestrato per costringerlo a pagare un debito di 50 euro, sette arresti (NOMI)

La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria fa luce su un inquietante episodio avvenuto lo scorso 30 dicembre. C'era un debito di 50 euro dietro il sequestro di un uomo, accompagnato dalla richiesta estorsiva di 500 euro

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Un sequestro di persona messo in atto allo scopo di costringere la vittima a pagare il “pizzo”. E’ quanto è emerso dall’indagine condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, con il coordinamento della Dda diretta dal Procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri, che ha portato stamattina all’esecuzione di sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone accusate di sequestro di persona e tentata estorsione, aggravati dalle modalità mafiose.

La vittima. I fatti, accaduti a Reggio Calabria, risalgono al 30 dicembre scorso. Vittima del sequestro è stato l’esercente di una pizzeria, sequestrato poco dopo che era uscito dal suo locale insieme alla convivente. L’uomo, che era alla guida della propria auto, sotto la minaccia delle armi, è stato prelevato con la forza, caricato su un’altra vettura e tenuto in ostaggio per alcune ore. L’uomo è stato rilasciato con la condizione che avrebbe provveduto a sborsare in tempi ristretti una consistente somma di denaro. Il piano degli organizzatori ed esecutori del sequestro e’ pero’ saltato grazie alla tempestiva segnalazione alla Polizia dell’avvenuto rapimento da parte della convivente della vittima.

Gli arrestati Le indagini che ne sono scaturite hanno consentito di ricostruire in breve tempo il quadro completo delle responsabilità relative al sequestro, con l’emissione delle sette ordinanze di custodia cautelare in carcere da parte del Gip di Reggio Calabria su richiesta della Procura della Repubblica. I sette arrestati, tra l’altro, sarebbero contigui ad ambienti della ‘ndrangheta. Si tratta di Francesco Belfiore, 46 anni; Massimiliano Polimeni, 26 anni; Carmelo Bruno Scaramuzzino, 19 anni; Giuseppe Surace, 38 anni; Pietro Surace, 64 anni; Bruno Surace, 61 anni; Domenico Natale Surace, 39 anni.

La ricostruzione degli inquirenti. C’era un debito di 50 euro dietro il sequestro di un uomo, accompagnato dalla richiesta estorsiva di 500 euro, avvenuto a Reggio Calabria il 30 dicembre scorso. Le indagini svolte dalla Squadra mobile e condotte dai sostituti procuratori della Repubblica Roberto Placido Di Palma e Angelo Gaglioti, hanno consentito di fare piena luce sulla vicenda estorsiva, aggravata dal sequestro di persona. Alle ore 20 circa del 30 dicembre, la titolare di una pizzeria comunicò alla sala operativa della questura che il compagno era stato poco prima costretto da alcuni individui a salire su un’autovettura, a bordo della quale era stato portato via per una destinazione ignota. Scattato l’allarme, intervennero le volanti e alcuni equipaggi della Squadra mobile che avviarono le indagini per sequestro di persona, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica. Le attivita’ investigative, effettuate mediante l’audizione di testimoni e con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, analisi dei tabulati dei traffici telefonici delle utenze di interesse investigativo e delle immagini estrapolate dai sistemi di video sorveglianza presenti nelle aree circostanti al luogo del delitto, consentirono di ricostruire l’esatta dinamica del sequestro di persona e di comprendere come esso fosse finalizzato al compimento di un’estorsione consistente nella richiesta di una somma di 500 euro quale parte residua pretesa, ma non dovuta, da uno dei sette sequestratori, Giuseppe Surace. L’uomo aveva lavorato come pizzaiolo alle dipendenze della donna che aveva denunciato il sequestro di persona del convivente.

Il rapimento e la denuncia. Giunto alla pizzeria assieme alla compagna e ai figli minori della donna, la vittima era stata affrontata da Belfiore, Polimeni e Scaramuzzinono che, afferrandola per le braccia, la costrinsero a salire sull’autovettura di Belfiore con la quale si dileguarono. Durante il tragitto, l’uomo, a cui furono rivolte minacce di morte da Belfiore, fu condotto nella frazione Pellaro, contro la sua volonta’, nell’abitazione dei Surace (Giuseppe e Domenico Natale Surace sono fratelli, Pietro e’ loro padre e Bruno lo zio). In casa dei Surace, al sequestrato fu avanzata la richiesta estorsiva per dirimere una controversia legata alla posizione lavorativa del pizzaiolo. Quest’ultimo aveva lavorato nella pizzeria della compagna della vittima per circa un mese, tra agosto e settembre del 2018. L’accordo tra le parti prevedeva, come corrispettivo del lavoro svolto, il pagamento di 800 euro. Il datore di lavoro gli aveva già corrisposto 750 euro, sicché la somma residua dovuta era di 50 euro e non di 500. Dal momento che il sequestrato aveva dimenticato il portafogli in macchina, quando era stato prelevato con la forza, i sequestratori lo riportarono in pizzeria per prendere i 500 euro. L’estorsione non fu portata a compimento perché nell’esercizio commerciale c’era la Polizia.

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