Operazione “Jonny”, la Cassazione conferma: “Sacco nel clan Arena a livello apicale”

Per l'ex governatore della "Misericordia", la Prucura distrettuale antimafia ha chiesto 20 anni di reclusione

Depositate le motivazioni del verdetto con cui la Cassazione ha respinto il ricorso presentato da Leonardo Sacco per contestare l’accusa di associazione mafiosa.Anche per i giudici ermellini Sacco faceva parte del clan Arena, a livello “apicale”, garantendo alla ‘ndrangheta il servizio di catering dei pasti nel Cara di Sant’Anna. Un business che sarebbe durato per circa dieci anni, ovvero a partire dal 2006, e che secondo l’accusa avrebbe assicurato dei proventi milionari attraverso “un sistema di fatture gonfiate, documentanti prestazioni e costi totalmente o parzialmente inesistenti”.

Un metodo che, sempre secondo i magistrati, sarebbe stato utilizzato per “accaparrarsi la quasi totalità delle risorse stanziate per l’assistenza ai migranti ricoverati nel centro”.
Per i giudici, il materiale accusatorio dimostrerebbe una “plausibilità logica e giuridica” concernente “la responsabilità” di Sacco – che è attualmente recluso a Rebibbia – in ordine al delitto di cui all’art. 416bis cp”, ovvero l’associazione mafiosa.

Intanto per l’ex governatore della Misericordia è in corso il processo di primo grado con rito abbreviato – scelto da 85 degli oltre cento indagati nell’inchiesta scaturita dalla nota operazione “Jonny”: la Procura ha chiesto venti anni di carcere

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