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LA RIFLESSIONE | Quel “fuoco di fila” contro il racket che accende la speranza nel Vibonese

Quasi una piccola rivoluzione che avrà raggiunto pienamente il suo scopo solo nel momento in cui i malandrini e i loro “ambasciatori” verranno messi alla porta

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di VINCENZO VARONE

Alcuni imprenditori che operano nel Vibonese – una terra da sempre debole e malaticcia segnata dal bisogno e dal malaffare – in questi ultimi giorni, dopo l’ultima plateale intimidazione ai danni di un loro collega, hanno in più di un’occasione alzato forte la voce per dire “no” al racket delle estorsioni. In particolare su “Gazzetta del Sud” alcuni di loro hanno manifestato forti timori, ma anche la speranza di un futuro decisamente diverso e nello stesso tempo la richiesta forte e chiara di poter vivere liberi dell’oppressione mafiosa che in questa luoghi ha costretto negli anni più di un operatore economico ad abbassare la saracinesca o a fare addirittura le valige. Una fuga forzata verso altri lidi per non più tornare.

Il tintinnio della mazzetta. Da queste parti un “fuoco di fila” di questa portata contro il tintinnio sinistro della “mazzetta” da consegnare a Natale, Pasqua, Ferragosto e in altre occasioni particolari, non si era mai visto. Il chiaro segnale che le cose, forse, stanno cambiando e che la musica degli orchestrali non è più la stessa. Un comportamento, quello della denuncia a gran voce attraverso gli organi di informazione da parte di più di un imprenditore, che lascia trasparire più di un segnale di luce che finalmente si scorge in fondo al tunnel delle tante negligenze, delle tante omertà e dei tanti colpevoli silenzi. In una realtà difficile come la nostra – dove i cedimenti al ricatto e ai comparaggi insani sono da sempre pane quotidiano – questo positivo “fuoco di fila” contro il racket va, pertanto, incoraggiato e sostenuto senza se e senza ma, in quanto potrà rappresentare l’inizio di un forte sbarramento civile e culturale.

La cappa opprimente delle consorterie mafiose. Da qui la necessità, partendo proprio da questo momento di forte denuncia, di adoperarsi con l’impegno corale di tutte le forze sane per creare – magari attraverso le organizzazioni di categoria e le associazioni concretamente impegnate nel sociale – una rete di idee e di proposte serie con un unico obiettivo: scacciare con la forza dirompente dell’ unità di intenti la cappa opprimente delle consorterie mafiose che con gesti apparentemente innocui, frasi di circostanza, rituali duri a morire, sudaticce strette di mano e sguardi ammiccanti, continuano sistematicamente a saccheggiare, intimidire e a bloccare con arroganza e impunità, ogni ipotesi di sano e concreto sviluppo.

Un piccola rivoluzione. Quasi una piccola rivoluzione quella alla quale stiamo assistendo in questi giorni. Una rivoluzione che viene dalle visceri di chi ha troppo subito, ma che avrà concretamente raggiunto il suo scopo solo nel momento in cui, da una parte all’altra del Vibonese, i malandrini e i loro “ambasciatori” verranno, finalmente, messi alla porta.

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