‘Ndrangheta, slitta la decisione sul rinvio a giudizio dei Soriano. Gli avvocati ricusano il giudice

L'istanza verrà discussa dalla Corte d'Appello di Catanzaro. Il gup distrettuale ha respinto la perizia psichiatrica per Leone Soriano e rinviato l'udienza preliminare al 4 febbraio

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Tutto rinviato al prossimo 4 febbraio. Sarà in questa data che il gup distrettuale di Catanzaro Claudio Paris deciderà in ordine alla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm antimafia Annamaria Frustaci nei confronti dei 17 indagati dell’inchiesta “Nemea” contro i Soriano di Filandari. Interlocutoria la prima udienza preliminare caratterizzata dalla presentazione da parte da quasi tutti gli avvocati del collegio difensivo di un’istanza di ricusazione nei confronti del giudice. Toccherà adesso alla Corte d’Appello di Catanzaro decidere nel merito ma il processo andrà avanti e il gup ha già respinto una serie di eccezioni preliminari presentati dai difensori degli indagati. Tra questi anche la richiesta di nominare un Ctu per sottoporre il boss di Filandari, Leone Soriano, a perizia psichiatrica. Trasmessi invece alla Procura antimafia di Catanzaro gli atti relativi a Giuseppe Soriano il quale non risulta essere stato interrogato dopo l’avviso di conclusione indagini e la Dda potrà procedere alla nuova richiesta di rinvio a giudizio una volta effettuato l’interrogatorio.

I nomi. Il pubblico ministero della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti dei seguenti indagati: Giacomo Cichello, 31 anni di Filandari; Luca Ciconte, 26 anni di Sorianello; Emanuele Mancuso, 30 anni di Nicotera (collaboratore di giustizia); Francesco Parrotta, 35 anni di Ionadi; Graziella Silipigni, 47 anni di Filandari; Caterina Soriano, 28 anni di Filandari; Giuseppe Soriano, 27 anni di Filandari; Leone Soriano, 52 anni di Filandari; Massimo Vita, 27 anni di Vena Superiore; Mirco Furchì, 25 anni di Limbadi; Domenico Soriano, 59 anni di Filandari; Domenico Nazionale, 31 anni di Tropea; Rosetta Lopreiato, 49 anni di Filandari; Maria Grazia Soriano, 46 anni di Filandari; Giuseppe Guerrera, 23 anni di Filandari; Luciano Marino Artusa, 57 anni di Filandari; Alex Prestanicola, 27 anni di Filandari.

Narcotraffico. Oltre alle accuse di estorsione, danneggiamento e minacce con l’aggravante mafiosa, viene quindi contestato anche l’articolo 74, ovvero l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. A rispondere di questo reato sono Leone, Giuseppe, Caterina Soriano, Francesco Parrotta, Luca Ciconte, Graziella Silipigni, Emanuele Mancuso, Giacomo Cichello e i nuovi indagati Domenico Soriano, Domenico Nazionale, Rosetta Lopreiato, Alex Prestanicola, Maria Grazia Soriano, Giuseppe Guerrera e Luciano Marino Artusa. Secondo l’accusa avrebbero operato in provincia di Vibo e con ramificazioni e contatti sul territorio nazionale per il trasporto, la detenzione ai fini di spaccio, la cessione e la vendita a terzi di cocaina, eroina, marijuana e hashish. In particolare Leone e Giuseppe Soriano sarebbero i capi-promotori, Graziella Silipignie e la figlia Caterina Soriano avrebbero agito in qualità di organizzatore e promotore, Luca Ciconte, Francesco Parrotta e Giacomo Cichello come partecipi mentre Emanuele Mancuso avrebbe rifornito il sodalizio di marijuana fungendo da intermediario di Giuseppe Soriano per l’approvvigionamento di cocaina. Alex Prestanicola, Maria Grazia Soriano e Giuseppe Guerrera avrebbero avuto il compito di occultare e rivendere la droga; Rosa Lopreiato di nasconderla; Marino Artusa di confezionare e rifornire il sodalizio di cocaina, Domenico Nazionale e Domenico Soriano si sarebbero invece occupati della vendita al dettaglio.
Emanuele Mancuso

Operazione “Nemea”. Il blitz contro i Soriano di Filandari è scattato all’alba dello scorso 8 marzo. I carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri, hanno eseguito sette fermi nell’ambito di un’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Annamaria Frustaci. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’estorsione al danneggiamento, dalla detenzione di armi e munizioni alla detenzione di droga ai fini di spaccio. Reati aggravati dal metodo mafioso. L’inchiesta fa luce su una serie di intimidazioni messe a segno tra Filandari e Jonadi in un arco temporale piuttosto ristretto che va da fine novembre a fine febbraio. Una dozzina gli atti intimidatori ricostruiti dai carabinieri guidati sul campo dal colonnello Luca Romano e dal maggiore Valerio Palmieri. Tra i tanti episodi oggetto del fermo, inquietante l’idea di compiere un attentato ai danni della caserma dei carabinieri di Filandari.

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