Cronaca

La ‘ndrangheta, l’escalation di intimidazioni a Vibo e quel silenzio omertoso della politica

Imprenditori e commercianti, nel mirino dei clan sempre più spavaldi, denunciano e lanciano l'allarme ma la classe politica locale tace e pensa ad altro

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Vibo è nella morsa della criminalità, alle prese con un’escalation di intimidazioni che ha costretto il prefetto Giuseppe Gualtieri a convocare un comitato per l’ordine e la sicurezza allo scopo di prendere le adeguate contromisure. Imprenditori e commercianti sono finiti nel mirino della spavalderia dei clan e di chi vuole marcare il territorio con la logica della violenza e dell’arroganza mafiosa. Dai messaggi intimidatori attraverso le cartucce dei fucili o le bottiglie infiammabili si è passati alla pistolettate. Non solo alle saracinesche dei negozi e delle attività commerciali da colpire ma adesso anche agli stessi imprenditori che dicono no alle pretese mafiose e denunciano le pressioni dei vigliacchi che agiscono nel buio della notte o a volto coperto per non farsi scoprire. Con il ferimento del commerciante Maurizio Mazzotta si è oltrepassato ogni limite ma in questa città – prima per omicidi e tentati omicidi, ultima per vivibilità – è come se nulla fosse accaduto.

Il silenzio della politica. Un fatto gravissimo è passato quasi inosservato e a fare rumore ancor più delle pistolettate è stato il silenzio. Nessuna reazione da parte di una politica sempre più debole e sempre più omertosa. Nessun comunicato dai parlamentari di questo territorio o eletti in questo territorio. Nessuna parola proferita per manifestare almeno solidarietà e vicinanza a chi è stato colpito. Neanche una frase di circostanza è stata scritta o detta per sostenere le forze dell’ordine, pretendere più poliziotti, più carabinieri, più finanzieri, più risorse nella lotta alla criminalità organizzata che sta divorando il settore produttivo di questa città. La ‘ndrangheta non è un problema e non è neanche un’emergenza per la politica affaccendata in tutte altre cose: a non perdere le postazioni di potere, a mantenere o a conquistare nuove poltrone, a guadare al proprio orticello senza coraggio e lungimiranza. D’altronde fa comodo ai clan e a un certo modo di fare politica vivere in un territorio in perenne crisi economica con la disoccupazione dilagante, con la precarietà che alimenta il consenso di una classe dirigente giovane ma già vecchia nello spirito, con la meritocrazia messa da parte per privilegiare mediocri e raccomandati, con il clientelismo che sfocia in corruzione. Il silenzio di questa politica è complicità e Vibo – come diceva un ex prefetto – è oggi peggio della Palermo degli anni settanta. L’assuefazione ha preso il sopravvento sull’indignazione.

Un sindacato rompe il silenzio. Nel silenzio quasi assoluto, si registra la presa di posizione di un sindacato, la Uil. “Esprimiamo forte preoccupazione per l’escalation criminale che in questi giorni vede tristemente protagonista la provincia di Vibo Valentia e davanti a questo, come Uil, non possiamo tacere. Il Vibonese, purtroppo, è un territorio a forte incidenza criminale e questo lo danneggia dal punto di vista economico e sociale oltre che minarne la convivenza democratica e civile. Una condizione di illegalità – si legge in un comunicato – che allontana gli investimenti, lo sviluppo e danneggia il lavoro. Infatti, ancora una volta, la criminalità ha preso di mira il mondo dell’impresa, cercando probabilmente di condizionarne la vita attraverso la paura e imponendo l’omertà. Questo affossa l’economia della nostra terra che invece avrebbe tutte le carte in regola e le potenzialità per risollevarsi”. Piena fiducia viene dunque manifestata nei confronti della magistratura e delle forze dell’ordine affinché “scaturisca una risposta forte delle istituzioni, una reazione tempestiva ed efficace affinché i cittadini, le imprese ed il lavoro, non subiscano il senso dell’insicurezza perenne”. Poi l’affondo alla classe politica perché “si renda conto che le disuguaglianze economico-sociali che vedono il Vibonese sempre ultimo nelle classifiche nazionali, sono un terreno fertile per la criminalità, piccola e grande, e pertanto sono necessarie politiche di sviluppo che mettano in campo investimenti pubblici di sostegno all’economia legale ed al lavoro”.

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