Cronaca

“‘Ndrangheta connection”: “Così i clan reinvestivano in Europa i fiumi di denaro generati dal narcotraffico”

Dalla maxi inchiesta che ha portato all'arresto di 90 persone emerge la trasformazione delle cosche in vere e proprie holding criminali capaci di fatturare miliardi di euro. Un business che non conosce crisi

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Un gruppo criminale di stampo 'ndranghetista, dedito al traffico internazionale di stupefacenti, al riciclaggio e reinvestimento di rilevati capitali finanziari, operante in Italia e nel Nord Europa da dove gestiva l'intero traffico: è quello smantellato all'alba con l'operazione "European 'Ndrangheta connection" condotta a livello internazionale da varie forze di polizia tra l'Italia, il nord Europa e il Sudamerica. Italia, Germania, Paesi Bassi e Belgio: il business della droga varcava i confini della Calabria, “casa madre” della ‘ndrangheta, superando il Pollino, sorvolando le Alpi per giungere nel ricco Nord Europa e attraverso l’oceano nel Sud America. E' qui, tra la Colombia ed il Messico che l'ndrangheta continua ad approvvigionare il famelico mercato degli stupefacenti.




Il cuore in Calabria. Un gruppo all'interno del quale una delle figure di spicco era Giovanni Giorgi, di 52 anni, di Bovalino, indicato come il principale punto di riferimento delle cosche di San Luca, i Pelle-Vottari e Romeo, ma anche di Natile di Careri (Cua-Ietto) e di Gioiosa Jonica (tramite gli Ursini), che tramite lui riuscivano a reinvestire capitali illeciti in attivita' commerciali nel settore della ristorazione in Nord Europa. Prima in Olanda e poi in Germania, Giorgi avrebbe quindi svolto la funzione di collettore per l'investimento di denaro provento da affari criminali anche per conto di diverse cosche dell'area ionica reggina che, in tal modo, diventavano soci occulti delle attivita' commerciali a lui riconducibili, tra le quali il ristorante "La Piazza 3" e l'adiacente gelateria "Cafe' La Piazza" di Brueggen (Germania)

Joint investigation team. L'operazione che ha portato all'arresto di novanta persone è frutto di un intenso lavoro investigativo svolto da una Squadra Investigativa Comune (un cosiddetta Joint Investigation Team) costituita nell’ottobre del 2016, a L’Aia (nei Paesi Bassi), presso l’Eurojust e composta da magistrati e organi di polizia delle tre nazioni interessate. Fra questi le la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria con il supporto della Procura Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo, la Squadra Mobile dello Stretto, lo Sco della Polizia di Stato, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, con il supporto del Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata delle fiamme gialle ed il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria sempre della Gdf. Per la Germania la Procura di Duisburg e il Bundeskriminalamt (B.K.A.) di Wiesbaden, per i Paesi Bassi la Procura di Zwolle e il F.I.O.D. (il Corpo olandese di polizia fiscale ed economica) di Eindhoven. Un accordo tra le polizie europee ampliato poi con l’ingresso dell’Europol, per i profili d’analisi e coordinamento, e lo specifico apporto di Belgio e Svizzera, come membri osservatori e cooperanti, in base ad accordi di natura rogatoriale. La costituzione del J.I.T. si è dunque rivelato un tassello di cooperazione decisivo nella gestione delle indagini e nella condivisione del patrimonio informativo e probatorio acquisito nel corso delle attività svolte nei diversi Paesi membri, e sotto questo profilo l’attività di coordinamento internazionale svolta dal Desk Italiano presso Eurojust è stata preziosissima. L’obiettivo della Squadra Investigativa è stato quello di perseguire un gruppo ‘ndranghetista impegnato appunto nel traffico internazionale di stupefacenti e nel riciclaggio e reinvestimento di rilevati capitali finanziari.




'Ndrangheta connection. L’inchiesta “European ‘ndrangheta connection” dimostrerebbe che Giorgi si sarebbe occupato, prima sul territorio olandese e poi su quello tedesco, di investire delle ingenti somme di denaro in attività commerciali nel lucroso settore della ristorazione, fungendo, quindi, da “collettore per l’investimento” dei proventi derivanti dagli affari criminali per conto di numerosi soggetti, molti dei quali ritenuti far parte di diverse cosche di ‘ndrangheta dell’area ionica reggina. Quest’ultimi, in questo modo, sarebbero così divenuti “soci occulti” delle attività commerciali riconducibili a Giorgi. Tra questi il ristorante “La Piazza 3” e l’adiacente gelateria “Cafè La Piazza” di Brüggen (in Germania), che per gli investigatori sarebbero stati, tra l’altro, la sede di supporto logistico ai traffici della cocaina proveniente dall’America Latina, poi stoccata tra Olanda, Belgio, Germania e infine distribuita - tra l’altro - in diverse regioni italiane.

Holding del narcotraffico. L'inchiesta consentirebbe dunque di far luce su una agguerrita consorteria calabrese in grado di contare su basi logistiche dislocate in più regioni della Penisola ma anche, e soprattutto, nei Paesi Bassi e in Germania. Una struttura ben organizzata ed economicamente florida, composta da numerosi accoliti e dotata di una vera e propria flotta di mezzi necessari per far giungere a destinazione la cocaina. In questo contesto, sarebbero emersi esponenti delle cosche dei Pelle-Vottari, Romeo alias “Stacchi” e Giorgi “Ciceri” di San Luca, molti dei quali già da anni stabilmente residenti in Nord Europa, luoghi da dove coordinavano agevolmente grosse importazioni di cocaina dall’America Latina, senza mai allentare i rapporti con la Calabria. Tra i personaggi considerati di vertice spiccano nomi blasonati nel panorama del traffico internazionale di stupefacenti: i fratelli Giuseppe (già latitante) e Francesco Marando, originari di Locri; Josè Manuel Mammoliti; Giovanni Giorgi (’63); Antonio Costadura, alias “U Tignusu; Domenico Romeo alias “Corleone”; Francesco Luca Romeo; Sebastiano Romeo; Domenico Strangio. Soggetti tutti che sarebbero stati deputati alla pianificazione delle importazioni ed al successivo smistamento della droga sul territorio nazionale, in particolare in Calabria e Lombardia, operando in un’ottica “prettamente aziendale”, spostando i loro interessi in Nord Europa, dove risulta più agevole ed economicamente vantaggioso procurarsi ingenti carichi di cocaina in arrivo direttamente dai Paesi produttori sudamericani, principalmente, nei sedimenti portuali di Anversa e Rottherdam. Il compito di recuperare e modificare ad hoc numerose autovetture, dotate di complicatissimi doppifondi, così da renderle praticamente “impermeabili” ai normali controlli su strada da parte Forze di Polizia, sdarebbe stato poi affidato a un gruppo di pregiudicati turchi da anni trapiantati in Germania, dove gestivano un autonoleggio, mentre il trasporto del narcotico in Italia veniva delegato a fidati ed esperti corrieri che raggiungevano la Calabria e la Lombardia: qui la coca veniva così immessa in commercio.

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