Cronaca

Estorsione mafiosa all’azienda agricola, fratelli Cacciola condannati a 18 anni

michele-e-gregorio-cacciola.jpg

Il collegio del Tribunale di Palmi, nella giornata di ieri, ha inferto tre in più rispetto alla richiesta del pubblico ministero

È stata emessa, nella giornata di ieri, la sentenza di condanna nei confronti di Gregorio e Michele Cacciola, i due rosarnesi accusati dalla Dda di Reggio Calabria di estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Il collegio del Tribunale di Palmi ha condannato i due a 18 anni di carcere, tre in più rispetto alla richiesta del pubblico ministero. L’estorsione sarebbe nei confronti degli imprenditori agricoli Giorgio e Antonio Lo Giudice.

Sempre più soldi La vicenda risale al gennaio 2015, quando dopo anni di pressanti richieste di denaro, minacce e la paura, i due decisero di denunciare, perché i soldi non bastavano più per mandare avanti l’azienda e pagare i dipendenti.  La prima richiesta estorsiva, secondo quanto hanno dichiarato in udienza, sarebbe arrivata nel 2009, quando Michele Cacciola si era presentato negli uffici della cooperativa “Agrisud” dei Lo Giudice chiedendo 10mila euro. L’importo, nel corso degli anni sarebbe cambiato, fino a arrivare a 2500 euro nel 2011, quando Michele Cacciola viene arrestato per lo “strano” suicidio della figlia Maria Concetta. I Cacciola, però, secondo quanto affermato dai due testimoni, non si sarebbero fatti intimorire dagli arresti dei parenti. In quel momento, infatti, sarebbe entrato in scena Gregorio Cacciola, fratello di Michele, continuando a chiedere denaro ai due imprenditori fino alla fine del 2014. Il gennaio del 2015 diventa lo spartiacque nel calvario dei Lo Giudice.

La denuncia Quello che spinge i Lo Giudice a denunciare è una telefonata anonima, nella quale qualcuno chiede loro 100mila euro da consegnare in una stazione di servizio di Rosarno. Il mancato pagamento, raccontano i due, avrebbe comportato la morte dei figli e delle mogli. L’autore di quella telefonata minatoria non è stato individuato, ma per i Lo Giudice è abbastanza. Vanno dai carabinieri a denunciare la minaccia telefonica e iniziano le indagini. I militari dell’Arma piazzano delle telecamere e microspie nell’azienda, i telefoni degli imprenditori vengono messi sotto controllo.

L’arresto in trappola I militari ricostruiscono la vicenda e incastrano i Cacciola. A quel punto i Lo Giudice non possono fare a meno di confermare il quadro emerso dalle indagini. L’inchiesta dura un anno, fino al gennaio 2016, quando i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria e dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria, in esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Reggio Calabria, fermano Michele e Gregorio Cacciola.

Più informazioni