Cultura & Spettacolo

Rivivere il passato attraverso gli usi alimentari, incontro a palazzo Santa Chiara a Vibo

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Tema della conferenza sarà: “La produzione anforica italiana delle Keay LII tra i secoli IV-VII”

La sezione vibonese “Conte d’Apice” dell’Accademia Templare, nell’ambito della sua attività di ricerca storica dedicata essenzialmente ai diversi periodi del Medioevo, sta da tempo portando avanti un approfondimento, attraverso il contributo di studiosi locali che si sono avvicinati all’Accademia condividendo l’impostazione del nostro impegno. Proprio in questo ambito, si inserisce l’iniziativa di una conferenza, organizzata per il giorno 27 aprile p.v. alle ore 17.00 presso Palazzo Santa Chiara (sede ufficiale della sezione di Vibo Valentia), per approfondire gli studi dedicati alle usanze alimentari del periodo da tempo portati avanti. Tema della conferenza sarà: “La produzione anforica italiana delle Keay LII tra i secoli IV-VII”.

Dopo i saluti del Direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese, Gilberto Floriani, e l’introduzione del Direttore della sezione vibonese dell’Accademia Templare, Maurizio Bonanno, la relazione di base sarà tenuta dall’archeologo vibonese Giuseppe Collia e punta a delineare un panorama completo dei diversi tipi anforici di riconosciuta o presunta provenienza italica, che circolavano nella penisola e talvolta nel Mediterraneo tra il IV e il VII secolo, per poter così definire gli aspetti essenziali del commercio vinario, e di riflesso, di gran parte dell’economia produttiva in epoca romano-barbarica e bizantina.

“È di particolare interesse la relazione dell’archeologo Collia – spiega il Direttore dell’Accademia Templare, Maurizio Bonanno – perché ci farà scoprire una realtà poco conosciuta eppure importante, legata alle produzioni dei nostri territori. Infatti, già del II sec. d.C. in uno scritto di Ateneo di Naukratis si decantano le ottime qualità di un cosiddetto “vino reggino”, lodato per le sue doti di vino dolce, di carattere, e capace di invecchiare mantenendo il suo gusto. Ma l’aspetto più interessante è sapere che in alcuni colli di anfore di I secolo d.C., provenienti da Roma, si legge sovrimpressa la scritta REGINVM VINVM, cioè “vino Reggino”, che potremmo definire una specie di marchio DOC, che conferma la presenza di centri di produzione nell’area tirrenica a partire dal reggino, che si affiancava alla produzione già presente nella Locride, dove c’era il vino Kaikinos, diretto antenato dell’odierno “greco di Bianco”. Da qui, la necessità di realizzare una specie di fiasco, un contenitore che fungesse anche da marchio di qualità per un determinato tipo di vino pregiato, facile da riconoscersi. “Si tratta di un patrimonio archeologico e culturale unico al mondo – conclude Bonanno nel presentare l’incontro di venerdì 27 aprile – ancora tutto da scoprire e valorizzare, indice di una vocazione economica, quale quella vinaria, che attende anch’essa di essere riscoperta”.