La Corte d’Assise d’Appello ha condannato all’ergastolo anche il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” nell’ambito del processo “Gringia”. Assolto Nazzareno Patania
Più che un verdetto, una stangata. Sette condanne all’ergastolo, tre a trenta anni ed una sola assoluzione. E’ la sentenza emessa oggi dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “Gringia” e che ha fatto luce sulla cruenta guerra di mafia combattuta tra i Patania di Stefanaconi e il gruppo dei cosiddetti “piscopisani” tra il settembre del 2011 e l’estate del 2012.
Fine pena mai. All’ergastolo sono stati condannati la vedova del boss defunto Nato Patania, Giuseppina Iacopetta che era stata assolta in primo grado, i figli Giuseppe, Salvatore e Saverio Patania, tutti di Stefanaconi. Assolto invece il più grande dei fratelli, Nazzareno Patania. All’ergastolo sono stati condannato anche Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, il boss dell’ominima cosca di Limbadi che – secondo l’accusa – avrebbe “eterodiretto” la faida, Salvatore Callea, il 51enne di Oppido Mamertina che invece avrebbe “reclutato” i killer assoldati dai Patania e Cristian Loielo di Gerocarne.
Le altre condanne. A trenta anni di carcere sono stati invece condannati Giuseppe Comito di Vibo Marina, Francesco Lopreiato di San Gregorio d’Ippona, e Cosimo Caglioti di Sant’Angelo di Gerocarne. I primi due hanno evitato l’ergastolo, pena inflitta nel processo di primo grado.
La faida. Nel processo venivano contestati gli omicidi di: Michele Mario Fiorillo (16 settembre 2011), Giuseppe Matina (20 febbraio 2012), Francesco Scrugli (21 marzo 2012), Davide Fortuna (6 luglio 2012). Sei invece i tentati omicidi: Rosario Fiorillo (14 dicembre 2011), Francesco Calafati (21 marzo 2012), Francesco Scrugli (11 febbraio 2012), Rosario Battaglia e Raffaele Moscato ( 21 marzo 2012), Francesco Meddis (26 giugno 2012).
“Gringia”. Il processo, nato dall’operazione antimafia denominata “Gringia”, mirava a far luce sulla faida che ha visto su due fronti contrapposti da un lato il gruppo dei Patania di Stefanaconi – un tempo “braccio armato” della “società maggiore” del paese guidata dai Lopreiato – contro un nuovo gruppo criminale emergente nato dalle ceneri della vecchia “società minore” del paese guidata dai Bartolotta, e dall’altro lato gli stessi Patania contro i “Piscopisani”, clan nato attorno alle “famiglie” di Piscopio, Fiorillo, Galati e Battaglia, alleate a loro volta a Francesco Scrugli, ritenuto elemento del clan Lo Bianco insieme al cognato Andrea Mantella anche se in posizione di autonomia.
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