Cronaca

Estorsione ad un pescatore a Vibo Marina, Mantino resta dietro le sbarre

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Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Vibo su richiesta della Dda del capoluogo calabrese

di GABRIELLA PASSARIELLO

Resta in cella Rosario Primo Mantino, 41 anni, ritenuto organico al clan locale dei Piscopisani,  destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per estorsione in concorso  con Francesco Fortuna, 23enne e Rosario Tavella 42 enne e lesioni aggravate dalle modalità mafiose ai danni di un pescatore. Lo ha deciso il Tribunale del riesame di Catanzaro, presieduto da Giuseppe Valea, bocciando la  richiesta del legale difensore,
che aveva invocato in prima battuta l’annullamento dell’ordinanza della misura cautelare in carcere e in subordine una misura cautelare più gradata. I giudici del Riesame hanno quindi confermato quanto stabilito dal gip di Vibo Valentia su richiesta della Dda di Catanzaro, lasciando invariata la misura cautelare.

L’estorsione al pescatore. I fatti risalgono al 13 giugno 2015, quando un membro dell’equipaggio di un motopeschereccio sottoposto a controllo, Francesco Gambardella, era stato aggredito e colpito violentemente da due persone armate di bastoni,  Mantino e Tavella, poi scappate a bordo di un’auto guidata da Fortuna, accusato di averli aiutati alla fuga, prima che gli stessi militari potessero intervenire. La vittima, un pescatore da poco rientrato da una battuta di pesca, fu costretto a ricorrere alle cure del personale sanitario del 118, nel frattempo fatto intervenire sul posto.

La denuncia.  La vittima, insieme al fratello Adriano Gambardella, anche lui componente dell’equipaggio del peschereccio, era stata sentita in qualità di persona informata sui fatti della Squadra mobile di Vibo Valentia diretta da Tito Cicero per chiarire la dinamica dei fatti. E in questa circostanza l’uomo aveva denunciato l’aggressione subìta, aggiungendo che la spedizione punitiva era da ricondursi alla
pretesa da parte degli aggressori di ottenere parte del pescato “sotto forma di omaggio”. Richiesta che veniva, secondo le ipotesi di accusa, tutte le volte che si rientrava dalle battute di pesca.

L’inchiesta. L’attività di indagine, coordinata dai magistrati della Dda di Catanzaro diretta dal procuratore Nicola Gratteri e condotta dalla Squadra mobile di Vibo Valentia, è avvenuta sulla base di attività tecniche, l’escussione di testi e la disamina delle immagini videoregistrate dai sistemi di videosorveglianza all’interno del porto di Vibo Marina. I pescatori, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, preferivano cedere alle richieste estorsive, piuttosto che scatenare rappresaglie di appartenenti al clan dei Piscopisani.