Cronaca

‘Ndrangheta, faida tra i Patania e i “piscopisani”. Cannizzaro: “Avevo previsto tutto”

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L’ex comandante della Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio aveva ipotizzato l’insorgere di una nuova guerra di mafia nel Vibonese già nel 2010

di MIMMO FAMULARO

Il maresciallo Sebastiano Cannizzaro aveva ipotizzato l’insorgere di una nuova guerra di mafia tra i clan della Vallata del Mesima già due anni prima. Il particolare è emerso nel corso di una nuova udienza del processo scaturito dall’operazione “Romanzo Criminale” che vede alla sbarra i Patania di Stefanaconi ed imputato per per concorso esterno in associazione mafiosa e falso lo stesso Cannizzaro, ex comandante della Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio. Accuse dalle quali si è difeso anche questa mattina rispondendo alle domande dei suoi legali, gli avvocati Aldo Ferraro e Pasqualino Patanè, nel corso di una lunga deposizione.

Francesco Calafati

Quella faida preannunciata. L’ex maresciallo, in servizio tra Sant’Onofrio e Stefanaconi per quasi vent’anni a cavallo tra il 1993 ed il 2012, ha respinto tutte le accuse  svelando qualche clamoroso retroscena. Come quello dell’informativa datata 18 marzo 2010. In quei mesi Stefanaconi era in preda ad una preoccupante escalation criminale. In poche settimane erano state prese di mira diverse attività commerciali, tutte riconducibili ad elementi di spicco della criminalità locale. Tra queste anche la “Valle dei Sapori” la stazione di servizio con annesso bar e ristorante di proprietà dei Patania. Cannizzaro diede, all’epoca dei fatti, una chiave di lettura inedita e, allo stesso tempo, clamorosa, ipotizzando dietro la serie di intimidazioni uno scontro tra il gruppo storico formato dai Lopreiato, i Bartolotta-Petrolo e gli stessi Patania e quello emergente composto da Emilio Antonio Bartolotta, Franco Calafati, Pasquale Meddis e Salvatore Foti. “Un gruppo – spiega in aula Cannizzaro – guidato da Francesco Meddis e che già negli anni novanta aveva tentato di staccarsi dalla cosca madre”. Il maresciallo ricorda il coinvolgimento di Francesco Calafati e Pasquale Meddis nell’omicidio del carrozziere Domenico Maurici, avvenuto a Zungri nel 1996. “Un omicidio commesso – aggiunge – con la stessa pistola utilizzata per gli attentati a don San Salvatore. Dopo quel delitto scompaiono per riemergere nel 2008 quando un po’ tutti escono dal carcere. L’escalation di attentati nei confronti dei capi storici fa ipotizzare che qualcuno sta cercando di emergere”. Stefanaconi finisce spesso al centro della cronaca anche per una lunga sequenza di intimidazioni che colpiscono il Comune, il sindaco di allora, don Salvatore Santaguida e lo stesso Cannizzaro. Cresce l’allarme, parte l’informativa, ma “nessuna indagine – precisa Cannizzaro –  da parte della Procura o dei miei superiori gerarchici viene adottata. Si optò per il solito servizio di prevenzione che non portò a nulla”.

Il tentato omicidio Calafati. Quasi due anni dopo la Vallata del Mesima viene insanguinata da una cruenta faida che coinvolge i Patania da una parte, i “piscopisani” dall’altra e tra i tentati omicidi spiccano quello di Francesco Meddis, fratello di Pasquale, e di Franco Calafati. Proprio su quest’ultimo episodio si sofferma Sebastiano Cannizzaro in una parte della sua lunga deposizione. “Nel gennaio del 2012 – svela – ho appreso da don Salvatore Santaguida che si stava preparando un attentato ai danni di Calafati. Non chiedo la fonte della notizia anche perché spesso erano informazioni che il parroco attingeva nel segreto confessionale. Ad ogni modo avverto il pm della Dda Boninsegna sia telefonicamente che per iscritto con una relazione data 1 febbraio 2012. Fu lui ha consigliarmi di avvisare Calafati di questa possibilità. Lo feci in caserma in modo generico invitandolo a stare attento. Ne parlai anche con i miei superiori gerarchici e quando si verificò l’attentato ci rimasi male e in quello occasione ci furono anche delle polemiche”.

Daniele Bono

Daniele Bono

Il “consiglio” al pentito Daniele Bono. Altro particolare, già emerso nel corso delle varie inchieste che hanno ricostruito la faida, riguarda un episodio accaduto nel gennaio del 2012. In una normale attività di controllo del territorio, i carabinieri della Stazione di Sant’Onofrio fermano una Fiat Punto con a bordo Daniele Bono, oggi collaboratore di giustizia, e Alex Loielo. I militari rinvengono in auto due foto con i volti di Rosario Battaglia e Francesco Scrugli, elementi di spicco dei “piscopisani”. “Non c’era – spiega Cannizzaro – un reato in particolare, ma ho deciso di sequestrare quelle foto perché sapevo che potevano essere importanti per le indagini e, poi, infatti, si sono rivelata determinati sotto il profilo investigativo. In quella circostanza ho parlato con Bono e ho chiesto di guardare in faccia i suoi figli e di riflettere se era il caso o meno di cambiare vita”.

 

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