Cronaca

La pentita Patania e i retroscena della faida: “Mancuso voleva uccidere lo zio dei Bonavota”

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La deposizione della collaboratrice di giustizia nel processo scaturito dall’operazione “Romanzo Criminale”: “Mia zia Giuseppina Iacopetta era una vipera”

E’ il giorno di Loredana Patania al Tribunale di Vibo Valentia dove è in corso una nuova udienza del processo scaturito dall’operazione “Romanzo Criminale” che ha ricostruito l’assetto dell’articolazione mafiosa del clan Patania di Stefanaconi.

La deposizione. Collegata in videoconferenza da una località protetta, la collaboratrice di giustizia di Stefanaconi, Loredana Patania, sta rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro Andrea Mancuso. Nel corso della sua deposizione ha confermato di aver fornito un aiuto per uccidere Francesco Scrugli, vittima di un agguato teso in località “Pennello” a Vibo Marina nel marzo del 2012. La pentita ha quindi ricostruito diversi episodi che hanno avuto come teatro la Valle del Mesima: dall’usura alle estorsioni fino alle bombe che hanno danneggiato diverse attività commerciali a Stefanaconi e tra queste, anche la stazione di servizio dei Patania. All’origine delle intimidazioni – secondo quando riferito in aula da Loredana Patania – ci sarebbero stati dei contrasti con altri clan per la divisione delle mazzette.

Iacopetta

Il ruolo dello zio Nato e quello della Iacopetta. Loredana Patania racconta che suo zio Fortunato Patania, ucciso nel settembre del 2011 durante la faida con i Piscopisani, era “molto rispettato e ben voluto a Stefanaconi perché era amico di Nicola Bartolotta, detto “U Pirolu”, che era il caposocietà – ha riferito la Patania -dell’epoca”. Secondo la collaboratrice di giustizia, la moglie di Fortunato Patania, ovvero Giuseppina Iacopetta (nella foto, era “una vipera che comandava dopo l’omicidio del marito”.

Pantaleone Mancuso

Pantaleone Mancuso

La richiesta di “Scarpuni”. In aula la collaboratrice di giustizia riferisce pure un altro particolare. Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, voleva uccidere Domenico Cugliari, detto “Mico i Mela”, ritenuto dagli inquirenti figura di primo piano della famiglia Bonavota di Sant’Onofrio. Salvatore Patania, definito dalla pentita “il più sanguinario dei fratelli”, avrebbe posticipato la “sentenza di morte” nei confronti dello zio dei Bonavota dicendo a “Scarpuni”: “Prima pensiamo a vendicare nostro padre Fortunato e poi pensiamo a Domenico Cugliari”.

La “talpa”. Un altro capitolo della deposizione della collaboratrice di giustizia è dedicato alla figura dei fratelli Patania e ai loro affari: dall’usura alle estorsioni passando per il traffico di droga. E qui il racconto si incrocia con un altro retroscena.  Secondo quanto riferito da Loredana Patania, Giuseppe Patania, insieme a Nazzareno Fortuna, detto “Cacazza” sarebbero saliti a Carugo, in provincia di Como, per prendere un chilo di cocaina da riportare in Calabria. Per la pentita, Nazzareno Fortuna era un “traditore” perché “passava informazioni ai Piscopisani”.

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