Cronaca

‘Ndrangheta: le mani dei Mancuso e degli Accorinti sulla Tangenziale Est di Vibo

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Dall’inchiesta “Costa pulita” emerge il tentativo dei clan di infiltrarsi nei lavori dell’opera pubblica. Il ruolo degli imprenditori e dei tecnici portati al cospetto del boss

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di GIUSEPPE BAGLIVO

Sarebbe finita anche la Tangenziale Est di Vibo – importante opera pubblica che nelle intenzioni avrebbe dovuto collegare Stefanaconi al bivio di Sant’Onofrio (nei pressi del carcere) e che di fatto ha finito per sventrare la collina sotto il castello di Vibo – fra le opere pubbliche in cui “palese”  si sarebbe dimostrato “il disegno criminoso di Pantaleone Mancuso (Scarpuni) e Antonino Accorinti di Briatico finalizzato a infiltrare una propria impresa nei lavori di completamento, messa in sicurezza e ripristino della Tangenziale Est di Vibo”, appaltati dalla Provincia di Vibo nel 2011 e aggiudicati alla ditta “Ati Aquila Sondaggi/ Società Cooperativa Costruzioni Calabrese” per l’importo di 885.893,90 euro, oltre oneri di sicurezza ed Iva.

Tangenziale Est

E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta “Costa pulita” della Dda di Catanzaro (pm Camillo Falvo e Pieropaolo Bruni) che mercoledì ha inferto un duro colpo ai clan Mancuso di Limbadi e Accorinti di Briatico. Il tentativo di infiltrazione mafiosa nei lavori di quella passata alla storia come l’arteria che ha provocato un disastro ambientale, tanto che la Tangenziale è tuttora chiusa al transito per pericolo di crolli dalla collina che sovrasta il castello di Vibo, è stato ricostruito punto per punto dagli inquirenti grazie a importanti intercettazioni ambientali captate nel “bar Tony” di Nicotera Marina dove il boss Pantaleone Mancuso ha ricevuto tecnici comunali ed ingegneri, mafiosi e “colletti bianchi”.

Pantaleone Mancuso

L’intercettazione al bar TonyE’ il 16 febbraio del 2013 quando Antonino (Nino) Accorinti, ritenuto il boss dell’omonimo clan di Briatico, accompagnato da Francesco Marchese (cl. ’86), di Briatico (arrestato) riferiva a Pantaleone Mancuso (Scarpuni, in foto a sinistra) che era andato a parlare con Lello Fusca “per il lavoro di Sant’Onofrio”, ma necessitava il nome dell’ingegnere direttore dei lavori, in quanto, “essendo l’impresa di Fusca una cooperativa, non tutti i lavori erano seguiti dal Fusca stesso” e pertanto gli occorreva quel nome di modo che “Lele” gli potesse parlare ancor prima che Accorinti lo avvicinasse”. Lello Fusca è stato individuato negli inquirenti nel noto imprenditore vibonese Michele Fusca, detto Lello, già negli anni ’80 presidente del Nucleo Industriale di Vibo, e nell’inchiesta “Costa pulita” indagato a piede libero per violenza privata ai danni dell’imprenditore Michele Mandaradoni. Accorinti durante il colloquio con Mancuso, ad avviso degli investigatori, “asseriva di avere appuntamento con Fusca e pertanto era opportuno avere quanto prima quel nominativo. A tal fine invitava Francesco Marchese, che lo accompagnava, a tornare l’indomani da Mancuso che gli avrebbe detto il nome del professionista”.

Antonino Accorinti

Antonino Accorinti

L’ingegnere Albino di Joppolo da Mancuso. Il giorno successivo, stando alla ricostruzione della Dda, Pantaleone Mancuso (Scarpuni) riceveva al bar Tony,  Sisto Albino (cl. 54), ingegnere di Joppolo, già tecnico comunale e da ultimo in servizio al Comune di Ricadi e già coinvolto nell’inchiesta “Chopin” sulle ville di Coccorino, a cui il boss chiedeva il nome dell’ingegnere che si stava occupando della “strada per Stefanaconi”, ovvero la Tangenziale Est di Vibo, asserendo che c’era un amico (Antonino Accorinti) che poteva avvicinare tutti e due, cioè sia Lello Fusca che l’ingegnere. Sisto Albino a questo punto, secondo gli investigatori, “in piena sintonia con Mancuso, comunicava che il direttore dei lavori era un ragazzo già sotto la sua influenza” e infatti chiamava al telefono Rosario Bruzzaniti di Limbadi – direttore dei lavori della Tangenziale Est – che interveniva al bar Tony illustrando che ai lavori della strada, “oltre all’impresa” individuata dalle indagini nella “Società Cooperativa Costruzioni Calabrese” il cui presidente del consiglio di amministrazione è Michele Fusca, stava lavorando pure “Chiaromonte” e aggiungeva inoltre che era in programma uno stanziamento di altri 7 milioni di euro. 

Francesco Marchese

Successivamente, Francesco Marchese (in foto a sinistra), Sisto Albino e Rosario Bruzzaniti concordavano un incontro a Santa Domenica di Ricadi per le ore 17 successive, al quale avrebbe partecipato anche Nino Accorinti.

In separata sede, invece, Pantaleone Mancuso avrebbe detto a Sisto Albino di parlare con Nino Accorinti per vedere di prendere qualcosa in “più”, affinché potesse uscire il “regalino” per “Luni”, ovvero la percentuale di tangente sui lavori.

Gli sviluppi della vicendaAd avviso degli inquirenti, non si hanno riscontri oggettivi che la richiesta sia poi pervenuta all’imprenditore Michele Fusca, il quale, interrogato dagli investigatori nell’agosto 2014 , non ha però “escluso” che ciò possa essere avvenuto.
Che la richiesta, qualora pervenuta, fosse una pretesa al di fuori dei normali contatti imprenditoriali lo si rileva per la Dda anche dalle parole dello stesso Michele Fusca il quale, con le sue dichiarazioni, ha tenuto a precisare che, se anche gli fosse stato richiesto, certamente non aveva assecondato Nino Accorinti. Michele Fusca, in ogni caso, nell’inchiesta “Costa pulita” viene ritenuto contiguo ai Mancuso, tanto che la contestazione di violenza privata (ai danni dell’imprenditore Michele Mandaradoni per i lavori di bonifica nell’area industriale Ex Fiera di Porto Salvo), formulata nei suoi confronti dai pm della Dda Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni, è aggravata dalle modalità mafiose (art. 7 della legge antimafia) in quanto l’imprenditore Fusca – ad avviso degli inquirenti – si sarebbe avvalso della sua “notoria – evidenzia la Dda – contiguità alla cosca Mancuso”.

Giancarlo Lo Iacono

Giancarlo Lo Iacono

E’ lo stesso Nino Accorinti a spiegare a Pantaleone Mancuso (Scarpuni) di aver parlato con Michele (Lello) Fusca “che si era impegnato a intercedere in loro favore”. Nei dialoghi captati nel bar Tony, Antonino Accorinti riferendosi all’imprenditore Fusca spiega a Mancuso: “Mi ha detto: “Perché quel lavoro non lo sto seguendo io – mi ha detto – Comunque  tu dimmi il nome e io, magari, vedo com’è, lo chiamo e vedo quello che possiamo fare”.

Il 17 febbraio 2013 era quindi Francesco Marchese a presentarsi al bar “Tony”, accompagnato nella circostanza da Giancarlo Lo Iacono. “I due salutavano  Pantaleone Mancuso, Marino Artusa e Tomeo detto Lello. Questi dopo aver ribadito l’appuntamento fissato per il martedì seguente, usciva dal bar accompagnato da Mancuso”.

Tangenzial

La macchina del crimine. A questo punto, per la Dda, “ormai la macchina del crimine si era messa in moto e sembrava voler fare presto, il prima possibile; è per questo motivo che Albino intuiva subito le intenzioni di Mancuso al quale domandava se volessero incontrarlo a breve (Albino Sisto: … e volete vedervi prima con lui?… Che lo chiamo…). Mancuso confermava, anticipando che poi sarebbero andati da “Nino” Accorinti. (Mancuso Pantaleone: … così magari l’accompagni là da Nino…), con il quale avrebbe “fatto la strada”, nel senso che lo avrebbe referenziato presso la cooperativa di Lello Fusca come soggetto accreditato dalla cosca. “Luni” Mancuso chiedeva quindi conferma se “il direttore dei lavori” fosse capace di “scippare qualcosa” (Mancuso Pantaleone: lui mi pare che mi ha detto che… sa scippare… qualche cosa…) e Albino, evidenziando – sottolineano gli inquirenti – la forza intimidatrice del metodo mafioso, sosteneva che quello avrebbe fatto tutto ciò che gli veniva chiesto (Albino Sisto: … lui fa quello che gli diciamo noi!).

Secondo i pm della Dda do Catanzaro, Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni, “l’empio patto veniva suggellato da Pantaleone Mancuso che rimarcava che con quell’impiegato vi era “amicizia” (Mancuso Pantaleone: … qualsiasi cosa vi serve… qualsiasi cosa vi serve… che sono amici…), mentre Lo Iacono Giancarlo invischiava nel torbido giro – sottolinea la Dda – anche il cognato Alvaro (Lo Iacono Giancarlo:… ALVARO… mio cognato… per vedersi…), addetto al Comune di Joppolo (Albino Sisto: che è a Joppolo!…e prossimo anche ad occupare l’analogo posto di Nicotera”.
Allontanatosi Sisto Albino, Pantaleone Mancuso (Scarpuni) rimarcava quindi a Francesco Marchese la questione della “mazzetta”, ribadendo anche a lui la richiesta di un “regaluccio”. 

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