Cronaca

‘Ndrangheta: tentato omicidio Scrugli, Nunzio Manuel Callà condannato a 16 anni

Regge l’impalcatura accusatoria del pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo, nel troncone della faida fra i Patania di Stefanaconi (alleati dei Mancuso) ed i Piscopisani

di GIUSEPPE BAGLIVO

Sedici anni di reclusione. A tanto ammonta la condanna emessa dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia nei confronti di Nunzio Manuel Callà, 30 anni, di Nicotera, accusato di concorso nel tentato omicidio di Francesco Scrugli, avvenuto nel febbraio del 2012 a Vibo Valentia nel quartiere Sant’Aloe a pochi metri dalla Questura.

Nunzio Manuel Callà

Regge dunque pienamente l’impianto accusatorio sostenuto in aula dal pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo, che al termine della requisitoria aveva chiesto al Tribunale (Vincenza Papagno presidente, giudici a latere Giovanna Taricco e Graziamaria Monaco) 18 anni di reclusione.

All’imputato, difeso dagli avvocati Antonio Porcelli e Francesco Sabatino, veniva contestato anche il porto abusivo dell’arma da guerra (una carabina) che sarebbe stata  usata da alcuni sicari stranieri (Vasvi Beluli ed Arben Ibrahimi, poi passati fra le fila dei collaboratori di giustizia con Beluli che ha riconosciuto in foto Callà) assoldati dal clan Patania di Stefanaconi per attentare alla vita di Francesco Scrugli, ritenuto elemento di spicco del clan dei “Piscopisani” dopo il suo distacco dal clan Lo Bianco di cui avrebbe originariamente fatto parte unitamente al cognato Andrea Mantella. Le contestazioni nei confronti di Nunzio Manuel Callà, considerato dagli investigatori vicino al boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” (alleato dei Patania nella “guerra” contro i “Piscopisani”), sono aggravate dalle finalità mafiose.

Francesco Scrugli

Gli elementi di prova. Molteplici gli elementi di prova forniti dal pm antimafia Camillo Falvo al Tribunale collegiale di Vibo Valentia (presidente Vincenza Papagno, giudici a latere Giovanna Taricco e Graziamaria Monaco). Ad iniziare dai legami – non secondari per il tipo di vincoli che generano specie nel meridione – fra l’imputato Nunzio Manuel Callà ed il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”. Legami talmente stretti da consentire a Callà – per come evidenziato in aula dal pm nel corso della requisitoria – di fare da padrino di battesimo a Salvatore Mancuso, figlio del boss “Scarpuni”, nonchè di accompagnare in ospedale Santa Buccafusca (moglie del boss Mancuso) in ospedale in occasione del suicidio della donna attraverso l’ingestione di acido muriatico. Nel ripercorrere la genesi dell’intera inchiesta che ha portato sul banco degli imputati Nunzio Manuel Callà, e quindi nel ripercorrere le varie fasi della guerra di mafia che ha contrapposto il clan Patania di Stefanaconi (appoggiato “dietro le quinte” dal boss Pantaleone Mancuso) sia ai Piscopisani (Battaglia-Fiorillo alleati ai Tripodi di Portosalvo) e sia al clan che sarebbe guidato da Antonio Emilio Bartolotta di Stefanaconi, il pm Camillo Falvo ha elencato e collegato tutti i fatti di sangue verificatisi nel corso della faida scoppiata con l’omicidio dell’agricoltore Michele Mario Fiorillo vendicato il giorno successivo con l’uccisione del boss Fortunato Patania.

Pantaleone Mancuso

Intercettazioni, agganci delle celle telefoniche e convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia (da Vasvi Beluli a Arben Ibrahimi, da Loredana Patania a Daniele Bono sino a Raffaele Moscato e Giuseppe Giampà) avrebbero consentito agli inquirenti di ricostruire il ruolo di Callà nel trasporto della carabina, usata per il tentato omicidio di Scrugli, da un terreno di Nicotera Marina, confiscato ai Mancuso ma a loro ugualmente in uso, sino allo svincolo autostradale delle Serre, e da qui alla volta di Stefanaconi e poi a Vibo in un appartamento delle case popolari del quartiere Sant’Aloe da dove – dalla finestra del bagno – è stato aperto il fuoco contro Scrugli rimasto nell’occasione ferito al collo.

Vasvi Beluli

Il doppio movente per l’eliminazione di Scrugli. Francesco Scrugli, poi ucciso a Vibo Marina nel marzo 2012 – nel febbraio precedente è stato quindi vittima di un tentato omicidio a Vibo. Da un lato il desiderio dei figli di Fortunato Patania di vendicare la morte del padre, per la quale ritenevano responsabile Francesco Scrugli (ormai passato dal clan Lo Bianco al clan dei Piscopisani), dall’altro lato la volontà del boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, di eliminare da Vibo un personaggio “scomodo” che, unitamente al cognato Andrea Mantella, non aveva avuto alcun timore di sfidare apertamente i Mancuso stringendo alleanze con tutti i clan ostili al “casato” di ‘ndrangheta di Limbadi e Nicotera: dai Piscopisani ai Tripodi di Portosalvo, dai Bonavota di Sant’Onofrio agli Emanuele di Gerocarne. Questi i motivi alla base della decisione di sopprimere Francesco Scrugli, elemento che da solo, ed in alleanza con i Piscopisani, sarebbe riuscito a tenere lontano da Vibo i Mancuso.

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