Cultura & Spettacolo

Mostra Charlie Hebdo: a Cosenza le due superstiti del massacro di Parigi (FOTO-VIDEO)

Un bagno di folla ieri per l’inaugurazione al Museo del Fumetto di Cosenza della prima mostra sulle cover di Charlie Hebdo. Ospiti d’eccezione Marika Bret e Coco.

di ALESSIA PRINCIPE

Tutto è perdonato ma dimenticare è un’altra storia. Seppellire è più complicato che raccogliere l’odio e metterlo in un angolo, e la storia di Charlie non vuol essere dimenticata da nessuno dei protagonisti anche se il prezzo è riaprire la ferita troppo spesso per lasciarla rimarginare.  Il dolore incomprensibile è chiaro negli occhi di Marika Bret, la redattrice di Charlie Hebdo che insieme a Coco, disegnatrice dell’ormai celebre giornale satirico francese, è arrivata con una robusta scorta ieri al Museo del fumetto per inaugurare la prima mostra dedicata alle cover di Charlie. «Io sono cambiata, noi siamo cambiati, l’Europa è cambiata» ma il suo messaggio è: andiamo avanti, continuiamo con il nostro lavoro. Fa male ma è così.

Tappa calabrese. «Siamo a Cosenza e felici di esporre le migliori cover dei nostri disegnatori, soprattutto di quelli che non ci sono più, perché tramite i disegni continua il nostro lavoro. Il nostro lavoro continua a Parigi come a Cosenza». Bella come una Monnalisa, gli occhi azzurri pungenti, un po’ lucidi. Ha l’aria stanca ma non per fatica, come se sorridere ed esorcizzare la morte a volte stanchi troppo.

Il libro. Dopo la performance di Dario Brunori e dei comici del BoroTalkShow, Marika Bret e Coco hanno presentato il libro “Ridete, per Dio!” di Charb, il fumettista assassinato durante il massacro del 7 gennaio 2015 nella redazione di Charlie Hebdo, con passione e tenacia perché solo così la memoria non si disperderà nell’odio e nell’oblio. Alle pareti del Museo del Fumetto campeggiano le gigantografie delle cover più celebri – firmate da Coco, Riss, Luz, Charb, Chaterine, Wolinsky, Tignous, Cabu, Honore, Gèbè, Reiser – il pubblico, numeroso, si avvicina, sbircia, studia, fotografa tutto per conservare un pezzetto di una storia, quella storia che ha portato tutto il mondo a sentirsi come loro, gli artisti dissacranti amati e odiati, urlando «Je suis Charlie».

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