Cronaca

‘Ndrangheta, processo ai Patania di Stefanaconi: maresciallo in aula

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Le attività della Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio nella deposizione del maresciallo Comparone, fra intercettazioni, perquisizioni e rapporti gerarchici

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Nuova udienza oggi dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia del processo nato dall’operazione antimafia denominata “Romanzo criminale” contro i Patania di Stefanaconi.

Iacopetta

Gli imputati. Ad essere accusati del reato di associazione mafiosa sono: Giuseppina Iacopetta (in foto), ritenuta al vertice della cosca dopo l’uccisione del marito, il boss Fortunato Patania, durante la faida con i Piscopisani; i figli Salvatore, Saverio, Giuseppe, Nazzareno e Bruno Patania; Andrea Patania; Cosimo e Caterina Caglioti; Nicola Figliuzzi; Cristian Loielo; Alessandro Bartalotta; Francesco Lo Preiato; Ilya Krastev. L’ex maresciallo dei carabinieri, già alla guida della Stazione di Sant’Onofrio, Sebastiano Cannizzaro, è invece accusato di falso e concorso esterno in associazione mafiosa. Tale ultimo reato viene contestato anche a don Salvatore Santaguida, per anni parroco di Stefanaconi.

codice penale

La deposizione del maresciallo Comparone. E’ toccato al maresciallo Raffaele Comparone, 38 anni, di Maddaloni (Ce), essere ascoltato oggi come testimone nel dibattimento. Il maresciallo attualmente si trova sotto processo, in un diverso procedimento instaurato dalla Procura di Vibo, con l’accusa di falso in ordine alla comunicazione di tre denunce per pascolo abusivo presentate contro ignoti dall’agricoltore di Piscopio Michele Mario Fiorillo (poi ucciso il 18 settembre 2011). Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo, e poi degli avvocati difensori del luogotenente Sebastiano Cannizzaro (avvocati Pasquale Patanè e Francesco Pagliuso), il maresciallo Comparone ha spiegato in aula di aver prestato servizio alla Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio dal dicembre 2008 ad aprile 2014, redigendo il 9 marzo 2012 una relazione di servizio sulle denunce di Fiorillo inserita poi in una C.n.r. (Comunicazione notizia di reato) inviata alla Procura di Vibo. Tale relazione, secondo la testimonianza del teste, sarebbe stata modificata dal luogotenente Cannizzaro con l’aggiunta di alcuni dettagli di cui il teste ha riferito in aula di non essere stato messo a conoscenza. “Il comandante della Stazione – ha spiegato Comparone – può correggere una relazione di servizio, cosa che Cannizzaro nell’occasione ha fatto. L’attività di protocollo delle denunce veniva invece curata dal singolo carabiniere, mentre tutte le Cnr venivano firmate dal comandante della Stazione. La relazione di servizio sulle denunce di Fiorillo datata 1 febbraio 2012 l’ho invece fatta io ed il Reparto Operativo dei carabinieri di Vibo ne ha poi chiesto copia. Non ricordo di aver comunicato la cosa a Cannizzaro. Quando mi hanno poi contestato il reato di falso – ha aggiunto il teste – ho saputo in tale occasione che questa relazione era stata utilizzata da Cannizzaro per la sua difesa. Dopo l’omicidio di Michele Mario Fiorillo, il Nucleo operativo dei carabinieri chiese alla Procura di Vibo, già dal giorno successivo al delitto, di poter intercettare i parenti di Fiorillo sulla scorta dell’esistenza nello Sdi delle denunce di Michele Fiorillo”.

cappello carabinieri

Gli errori nel protocollo. Il maresciallo Comparone ha poi parlato di “errori e disguidi” sul protocollo ed in particolare in riferimento ai numeri di registro Cnr. “Si trattava però di denunce tutte non trattate da Cannizzaro” ha spiegato il teste, aggiungendo poi che “tutti i carabinieri potevano depositare le C.n.r. in Procura”.

 

tribunale toga aula

Cannizzaro e le indagini sui Patania. Secondo la testimonianza del maresciallo Raffaele Compagnone, era stato il luogotenente Cannizzaro a richiedere alla Dda di Catanzaro le intercettazioni sui membri della famiglia Patania di Stefanaconi dal novembre 2011 al febbraio 2012 nell’ambito delle indagini sulla faida con i Piscopisani poi sfociate nell’operazione antimafia denominata Gringia. “La Dda di Catanzaro – ha sottolineato il teste – ci aveva delegato a seguire le intercettazioni di almeno venti utenze telefoniche, cosa che abbiamo proseguito a fare, anche se la mole di intercettazioni era così elevata da non riuscire noi carabinieri di Sant’Onofrio a seguire tutto. I nuovi vertici del Comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia ci avevano detto di non seguire più nuove interrcettazioni in quanto non di competenza delle Stazioni”. Il maresciallo ha infine aggiunto di aver eseguito diverse perquisizioni a carico dei Patania su input del luogotenente Sebastiano Cannizzaro. “Non mi è mai stato assolutamente detto in caserma – ha concluso il maresciallo – di chiudere un occhio sui Patania ed anzi ho perquisito pure l’azienda a Stefanaconi dei Patania e con noi vi era anche il Nucleo Operativo dei carabinieri che nella gerarchia dell’Arma è sovraordinato alle Stazioni”. Prossima udienza – dinanzi al Tribunale collegiale presieduto da Lucia Monaco, con a latere i giudici Vincenza Papagno e Giovanna Taricco – l’8 febbraio.

Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati Michele Pagliuso, Pasqualino Patanè, Giancarlo Pittelli, Enzo Galeota, Costantino Casuscelli, Pamela Tassone, Francesco Sabatino, Gregorio Viscomi, Silvestri e Strazzullo.

Parti civili: la Provincia di Vibo Valentia (oggi con nessun difensore presente), la Regione Calabria (nessun difensore presente in aula), il Comune di Stefanaconi (avvocato Daniela Fuscà) e Sos Impresa (avvocato Rosario Rocchetto).

g.b.

Patania-In basso da sinistra verso destra: Giuseppe Patania, Bruno Patania, Andrea Patania, Cosimo Caglioti

 

 

 

 

 

 

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