Cronaca

‘Ndrangheta: clan Mancuso, assolti a Vibo tutti gli imputati

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Il Tribunale collegiale di Vibo presieduto dal giudice Lucia Monaco ha assolto gli 8 imputati del processo “Impeto” . Il pm della Dda, Camillo Falvo, aveva chiesto condanne per 87 anni di carcere

di GIUSEPPE BAGLIVO
Tutti assolti per non aver commesso il fatto. Questo il verdetto letto in aula, nel nuovo palazzo di giustizia di via Lacquari, dal presidente del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, Monica Lucia Monaco (a latere i giudici Giovanna Taricco e Vincenza Papagno) nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Impeto”.
Lucia Monaco

Il presidente Lucia Monaco

Le assoluzioni interessano gli imputatiPantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere” per il quale il pm Camillo Falvo aveva chiesto una condanna a 16 anni di reclusione; Diego Mancuso (14 anni la richiesta) ; Francesco Mancuso, detto “Tabacco” (9 anni); Domenico Mancuso, figlio del boss Giuseppe Mancuso, per il quale erano stati chiesti 8 anni;  Salvatore Cuturello, genero di Giuseppe Mancuso, per il quale erano stati chiesti 8 anni; Salvatore Valenzise, parente del boss detenuto Giuseppe Mancuso, nei confronti del quale il pm aveva chiesto 11 anni; Giovanni Mancuso (12 anni per lui la richiesta di pena); Vincenzo Addesi (9 anni la richiesta), quest’ultimo di Soriano Calabro. In totale, il pm della Dda di Catanzaro Camillo Falvo, al termine della requisitoria, aveva chiesto 87 anni di reclusione.
Francesco Mancuso

Francesco Mancuso

Le accuse. Due sequestri di persona, usura per milioni di vecchie lire, estorsioni, violenza privata, danneggiamenti e spari in luogo pubblico i reati, aggravati dalle modalità mafiose, a vario titolo contestati agli imputati.
Non luogo a procedere per Cosma Congiusti, fra gli originari imputati del processo, ucciso con tre fucilate a Nicotera l’8 novembre 2010. Fra le presunte vittime dei Mancuso, il commerciante di Nicotera, Alfonso Carano, per il quale il Tribunale collegiale ha disposto la trasmissione degli atti all’ufficio di Procura (unitamente alla deposizione del teste Fossari) per procedere per il reato di falsa testimonianza. Il commerciante, secondo l’accusa, sarebbe stato sottoposto ad usura, sequestrato, malmenato e poi costretto a scavarsi una fossa in campagna sotto la minaccia delle armi e di un cappio infilato intorno al collo. Gli episodi delittuosi oggetto delle contestazioni partono dal 1993 ed arrivano sino al 1999. Fra le vittime degli interessi dei Mancuso, oltre ad Alfonso Oreste Carano, veniva indicato pure l’imprenditore agricolo Domenico Crea (deceduto nel 2008), quest’ultimo secondo l’accusa costretto a cedere, con minacce e violenze, diversi appezzamenti di terreno in contrada Marzana di Nicotera – per un valore di 300 milioni di lire – a Diego Mancuso. Lo stesso Alfonso Oreste Carano, inoltre, sarebbe stato sottoposto ad usura da parte di Salvatore Valenzise, Giovanni Mancuso, Cosma Congiusti e Pantaleone Mancuso e, quindi, da quest’ultimo costretto a cedere il proprio tabacchino di Nicotera.
Domenico Mancuso

Domenico Mancuso

Le contraddizioni con il processo “Genesi”. La sentenza odierna – in attesa di leggere le motivazioni – appare già dalla sola lettura del dispositivo in perfetta contraddizione con le motivazioni della sentenza del maxiprocesso “Genesi” emessa nel maggio del 2013 sempre dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto all’epoca dal giudice Antonino Di Marco (a latere i giudici Alessandro Piscitelli e Manuela Gallo). Nelle motivazioni di quella sentenza, il testimone di giustizia Alfonso Carano è stato infatti ritenuto pienamente attendibile e credibile, tanto che pure sulla scorta delle sue dichiarazioni sono stati condannati a 6 anni di reclusione ciascuno, per il reato di associazione mafiosa, gli imputati Francesco Mancuso, Diego Mancuso, Pantaleone Mancuso (detto l’ Ingegnere) e Giovanni Mancuso.

In particolare, i giudici del processo “Genesi” nelle motivazioni della sentenza avevano sottolineato come “Alfonso Carano, Luigi Guglielmo Farris e Agnese Merli offrono riscontro alle propalazioni dei collaboratori Tommaso Mazza, Speranza, Massimo Di Stefano e Angiolino Servello”, fornendo lo “spaccato dell’attiva partecipazione di tali imputati alla vita del sodalizio criminoso”. Per il Collegio presieduto dal giudice Monica Lucia Monaco, invece, lo stesso teste non è attendibile. Fra 90 giorni si leggeranno – se verrà rispettato il termine di deposito della sentenza – le motivazioni che hanno portato i giudici (contrariamente a quanto deciso in “Genesi”) – a ritenere non credibile il teste Carano.

Salvatore Cuturello

Salvatore Cuturello

L’appello del pm. Le motivazioni della sentenza, di certo, verranno lette con particolare attenzione dal pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo, al fine di proporre appello avverso il verdetto. Il pm in aula aveva sottolineato, nel corso della requisitoria, la gravità delle contestazioni e l’attendibilità delle fonti dichiarative e di Alfonso Carano in particolare.
Inchiesta rimasta a “dormire” 9 anni alla Procura distrettuale. L’operazione “Impeto”, condotta su indagini dei carabinieri del Ros di Catanzaro e dei militari dell’Arma di Tropea, era scattata il 20 luglio 1999 con il coordinamento dell’allora pm della Dda di Catanzaro, Luciano D’Agostino. Dopo le scarcerazioni degli arrestati ad opera del Riesame, il fascicolo d’indagine era stato “riesumato” solo 9 anni dopo – nel 2008 – dall’allora pm distrettuale Marisa Manzini che aveva provveduto a vergare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e ad avanzare poi le richieste di rinvio a giudizio. Il processo per tutti gli imputati era stato ottenuto il 12 luglio 2010 dall’allora sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Giampaolo Boninsegna. Il gup distrettuale di Catanzaro che aveva mandato a giudizio tutti gli imputati, in accoglimento della richiesta della Dda, era stata il giudice Emma Sonni.
Il collegio di difesa. Francesco Mancuso era difeso dagli avvocati Antonio Porcelli e Giuseppe Di Renzo; Diego Mancuso dagli avvocati Francesco Schimio e Francesco Sabatino; Giovanni Mancuso dall’avvocato Di Renzo; Salvatore Valenzise dall’avvocato Guido Contestabile; Pantaleone Mancuso dagli avvocati Mario Bagnato e Francesco Sabatino; Domenico Mancuso dagli avvocati Mario Bagnato e Francesco Stilo; Salvatore Cuturello (avvocati Guido Contestabile e Mario Bagnato); Vincenzo Addesi (avvocati Armando Veneto ed Annina Addesi).
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