di ALESSANDRO DE SALVO
Le regole europee parlano chiaro: il deficit pubblico deve tendere ad azzerarsi ed il debito pubblico deve arrivare al 60% del Pil; pertanto qualsiasi operazione di politica fiscale espansiva, cioè finanziata da un ampliamento del deficit, costituisce una non ammessa deviazione dal percorso di consolidamento dei conti pubblici; ciò vale per tutti, per l’Italia come per la Francia.
Al di là delle regole europee, da un punto di vista strettamente macroeconomico è relativamente diffusa l’opinione di chi sostiene che la Francia possa permettersi, al contrario dell’Italia, un deficit più ampio di quello ammesso grazie al fatto che il suo rapporto debito/Pil è più basso: 97 contro 132. In altre parole il debito francese sarebbe comunque sostenibile, quello italiano no. Tale assunto è empiricamente errato poiché nessun debito pubblico dei Paesi della zona euro è tecnicamente sostenibile, non essendo garantito dall’istituto centrale di emissione (la Bce). Il debito è, pertanto, necessariamente, continuamente rifinanziato dagli investitori finanziari la cui volontà prescinde dal livello del debito. I mercati finanziari, infatti, sono autoreferenziali, seguono logiche puramente speculative e scommettono di continuo sulle sorti di interi Paesi potendone, aprioristicamente, determinarne il destino.
L’Italia deve avere più coraggio, stavolta faccia come la Francia. Le regole europee sono sbagliate: sono pro cicliche ed accentuano le diseguaglianze, riducono lo stato sociale e deprimono l’espansione economica; per questo, nelle more di una loro auspicata radicale modifica, vanno trasgredite, subito.